“Il sogno continua ma…finisce qui” è una raccolta di poesie in lingua e in dialetto. L’autore di questa raccolta non ha bisogno di presentazioni, a giudicare da ciò che si legge nei “Cenni biografici” che aprono il suo libro. Ma nel caso qualcuno non lo conosca già, proverò a dipingerne un breve quadro generale. Elia Nese è stato membro di Commissione in concorsi nazionali e internazionali, è il socio fondatore dell’Associazione “Amici del Cilento” e spesso è chiamato a declamare presso varie emittenti televisive o radiofoniche locali. Questa è solo una parte di ciò che contengono i “Cenni Biografici” e si potrebbe andare avanti ancora per un bel po’. La sua bibliografia non è da meno. Elia Nese ha pubblicato testi in lingua, come “Frammenti di fatti veri”, “Faccia tosta”, “Realtà e fantasia”, “Sulla scia delle emozioni”, “Palpiti di vita”, “Melodie e sussurri”, “Il nonno racconta”, e tanti altri testi in dialetto o misti. Egli è di Piano Vetrale (frazione di Orria) e dai suoi versi si evince quanto ami il Cilento e forse ancora di più il suo dialetto. Anche se leggendo “Il sogno continua ma…finisce qui” si direbbe che Elia Nese ami le parole in generale, e ami giocare con esse. “Il sogno continua ma…finisce qui” contiene tantissimi acrostici che ha composto utilizzando i nomi di persone a lui care, o poesie in cui sfida se stesso a comporre versi che si chiudono tutti con la stessa sillaba.
La cucina cilentana è stata spesso
d’ispirazione per l’autore nella composizione delle poesie
contenute in questa raccolta. Egli dedica versi all’“Antica pizza
cilentana”, a “Li vaddani” (che ho scoperto essere le castagne
lessate) e ai “Mugliatieddi” (ossia involtini di budella di
capretti). Alla cucina si affiancano la religione, episodi di vita
dell’autore, luoghi e persone a lui care, leggerezza e ironia ma
anche tanta saggezza.
Ciò che mi ha colpito di più sono le
poesie in cui l’autore guarda e descrive il mondo attuale
attraverso i suoi occhi, gli occhi di chi ha visto e vissuto un mondo
diverso. In particolare ho apprezzato gli ultimi versi della poesia
“È cangiato tutto pure la morte” che recitano: “àve cangiato
tutto pure la morte s’àve ammudernata/e nùi simo sembe cchiù
suli e si vuò parlà…/parla ppè cùnto tuo, sulo accussì nùn te
‘ntuòssichi/e lu vicino si te vài bbòna chùrenno la
porta/sièndi assì ra le llabbra nu miènzo: bbòna sera.”
(In
italiano: “È cambiato tutto pure la morte si è modernizzata/ e
noi siamo sempre più soli e se vuoi parlare…/parla solo, solo così
non ti intossichi/ e col vicino se ti va bene chiudendo la porta/
senti uscir dalle labbra un flebile: buonasera.”)
Nessun commento:
Posta un commento