lunedì 18 luglio 2022

Un diario del 1915 di Andrea Ricci - Edizioni "Il Saggio"


 

Cos’è un diario? Normalmente con questo termine si definisce un taccuino oppure un quaderno all’interno del quale vengono periodicamente riportati accadimenti interessanti, recondite vicissitudini e segrete impressioni. Stipato com’è di notizie private e confidenziali un diario dovrebbe restare confinato nell’ambito della più stretta sfera personale poiché, per una specie di inconfessata convenzione, ogni agenda biografica gode del sacrosanto diritto alla discrezione ed alla riservatezza. Capita, a volte, che a causa del proprio straordinario contenuto un diario venga comunque divulgato, giacché il carattere spontaneo e genuino di quanto annotato dona incomparabile forza narrativa alla registrazione dei fatti. Ad esempio, il diario di Anna Frank rappresenta ad oggi una delle più formidabili testimonianze della Shoah; di certo l’autrice non scrisse in prospettiva di una eventuale pubblicazione e probabilmente, se essa fosse sopravvissuta agli eventi che la travolsero, il suo diario sarebbe rimasto sostanzialmente ignoto, rappresentando una personale memoria di anni difficili. Diverso è il caso dell’interessante documento introdotto da questa prefazione; l’agenda, risalente al primo anno della Grande Guerra, venne a suo tempo compilata con l’intento di condividerne con altri il contenuto, fattispecie esplicitata nelle memorie del 26 agosto 1915: “il lettore mi chiederà che cosa ha a che fare questo ragionamento con un diario di guerra sia pur sentimentale… la spiegazione al prossimo giorno”. Del resto, le pagine del taccuino riportano circostanze che seppure essenzialmente private rientrano nel più ampio contesto del primo conflitto mondiale in quanto le vicende belliche costituiscono il perenne sfondo dei fatti registrati nel diario, condizionandone la cadenzata annotazione. Colpisce l’elegante prosa con la quale sono ricordati gli episodi trascritti, indice del notevole livello culturale del compilatore. Si tratta indubbiamente di un soldato, molto probabilmente di un ufficiale effettivo al 10° Reggimento Fanteria Brigata “Regina” che operò nel teatro bellico del Monte San Michele; nonostante gli sforzi volti ad accertare chi fosse il diarista, la sua identità è rimasta un mistero. Ciò nonostante, alcuni passaggi lasciano cogliere in trasparenza aspetti relativi al suo pensiero nonché alla sua originale personalità. Nelle memorie del 24 giugno 1915 si possono agevolmente riconoscere accenni audacemente modernisti, tipici del futurismo: “La guerra offre sempre alla meditazione degli uomini un spunto magnifico e incessantemente rinnovato. È certo che la maggior parte dei nostri sforzi e delle nostre invenzioni converge sempre verso di lei e ne fa una specie di specchio diabolico nel quale si riflette per lungo e per largo il progresso della nostra civiltà”. In altre circostanze gli eventi sembrano frenare gli impeti della sua baldanzosa speranza e la fiducia precedentemente riposta nelle evolute capacità umane lascia spazio a riflessioni propriamente fataliste come registrato il 12 ed il 13 agosto 1915: “Nessun uomo sfugge al suo proprio destino! È questa una verità che è luminosamente provata, ad ogni passo che facciamo nella vita”; “Povera vita umana! Tu sei una palla di gomma in mano ad una forza brutale, crudele, inesorabile!”. Il 17 giugno la guerra gli si rivela infine per quello che è poiché: “...come distrugge la forza fisica degli uomini, così ne distrugge la forza morale”. Per quanto terribile, la devastazione bellica apre al nostro ignoto milite dalla penna forbita un impensabile spiraglio sentimentale giacché divagazioni idilliache arricchiscono lietamente la garbata cronaca di quell’estate del 1915. Poi, in maniera inattesa, ancor prima che inizi settembre, più nulla; la figura misteriosa e gentile che avevamo appena imparato a conoscere scompare tra le vampe dell’immane tragedia lasciandoci la pena per un destino incompiuto e l’inconsolabile malinconia del commiato. Sensazioni paragonabili alla pena e alla malinconia che accompagnano in egual modo l’approccio alla posta dei soldati. Nel complesso, la lettura della corrispondenza militare può per certi versi essere assimilata alla ricognizione di un diario in quanto, nel pur ristretto spazio d’un o più foglietti, vi vengono densamente annotati pensieri, impressioni e stati d’animo pregni di intima e naturale umanità. Le lettere che i combattenti indirizzano ai cari destinatari si mostrano in gran parte dei casi traboccanti di ingenue speranze e colme di un affetto esasperatamente amplificato dal quotidiano confronto con la più dura delle sofferenze. Bisogna davvero essere grati ad Andrea Ricci poiché il diario e le lettere unitariamente presentate in questo suo libro rappresentano senza dubbio una inedita testimonianza che si rivela non solo funzionale alla maggiore comprensione dei fatti del passato ma anche dannatamente attuale dato che l’impronta della guerra segna ancora oggi il cammino sanguinante della Storia.

Fabio Astone


 

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