L'Art Deco, che tra lusso, gioia di
vivere e sfrenatezze estetiche ha contraddistinto gli anni '20 del
secolo scorso e che rivivrà in tutte le sue suggestioni nella mostra
allestita dall'11 febbraio al 18 giugno ai Musei di San Domenico di
Forlì dal titolo "Art Deco. Gli anni ruggenti in Italia".
Si segnala che saranno esposte circa
440 opere tra sculture, dipinti, disegni, ceramiche, abiti d'epoca,
vetri, arredi, splendide oreficerie.
Nel percorso espositivo si possono
ammirare le opere più significative, relative alla produzione di
oggetti e di forme decorative del periodo, dagli impianti di
illuminazione di Martinuzzi, Venini, Fontana Arte alle ceramiche di
Gio Ponti, Giovanni Gariboldi, Guido Andloviz, dalle sculture di
Adolfo Wildt, Arturo Martini e Libero Andreotti alle statuine Lenci,
dalle oreficerie di Ravasco agli arredi di Buzzi, Ponti, Lancia,
Portaluppi alle sete preziose di Ravasi, Ratti e Fortuny, fino agli
arazzi in panno di Depero, i capolavori di Galileo Chini, pittore e
ceramista, affiancato da maestri quali Zecchin e Andloviz (che
guardarono a Klimt e alla Secessione viennese) o quelli faentini
Rambelli, Nonni, Melandri, le invenzioni del secondo futurismo di
Depero e Mazzotti, i dipinti di Severini, Casorati, Cagnaccio di San
Pietro, Oppi, la straordinaria produzione della Richard-Ginori,
ideata da Gio Ponti. Infine, l'Ebe di Canova, 40 strepitosi gioielli
bizantini di Ravasco.
''Il Deco' in Italia - spiega Valerio
Terraroli, curatore della mostra con Claudia Casali e Stefania
Cretella - mescola armoniosamente il gusto per la modernità e quello
classico ed è soprattutto un'atmosfera, una moda, per questo ebbe
una durata tanto breve''. E', infatti, con la devastante crisi
economica del 1929 che Art Deco in Italia ed in Europa muore per
lasciare posto all'epoca funesta dei totalitarismi, mentre si afferma
in America, con i toni accattivanti, lussuosi, emancipati raccontati
dalla commedia sofisticata hollywoodiana o dai ritratti di Tamara de
Lempicka.
Questa corrente estetica e di pensiero
fiorita alle soglie degli anni '20 era una vera e propria evoluzione
se vista in correlazione con il Liberty che la precede
cronologicamente: l'idea stessa di modernità, la produzione
industriale dell'oggetto artistico, il concetto di bellezza nella
quotidianità mutano radicalmente con il superamento della linea
flessuosa, serpentina e asimmetrica legata a una concezione
simbolista dell'universo, per dare vita a un nuovo linguaggio
artistico. La spinta vitalistica delle avanguardie storiche e la
rivoluzione industriale sostituiscono così al mito della natura lo
spirito della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le forme
prismatiche dei grattaceli, le luci artificiali della città.
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