Presso il Museo di Capodimonte, (sala
6, primo piano) in via Miano, 2 Napoli, giovedì 11 maggio alle ore
11:30 (sala 6, primo piano), il direttore del Museo e Real Bosco di
Capodimonte Sylvain Bellenger presenterà al pubblico e alla stampa
l'opera Cristo in Croce del pittore fiammingo Van Dyck, nell'ambito
de L’Opera si racconta: un ciclo di esposizioni di capolavori
conosciuti ma anche poco noti o in deposito: un’iniziativa che
servirà a mettere in risalto dipinti, sculture e oggetti d’arte
della straordinaria collezione del museo raccontati in una chiave
nuova e in dialogo con altre opere. Il ciclo L’Opera si racconta
permetterà così di scoprire le migliaia di storie custodite nel
Museo di Capodimonte, storie di uomini e donne, luoghi e aneddoti,
segreti del mestiere che attendono soltanto di essere raccontate per
svelare la complessità dell’opera, protagoniste nella sala 6
(primo piano) dedicata all’inizio del percorso di visita.
La prima opera a “raccontarsi” è
il Cristo in Croce di Van Dyck, grande pittore fiammingo che, prima
di andare in Inghilterra, giunge in Italia nel 1621 diventando
l’elegante ritrattista di riferimento dell’aristocrazia del
tempo. Il Cristo in Croce di Anton Van Dyck, nell'esposizione a cura
di Mariolina Cilurzo e Laura Duquesne, due studentesse de l'École du
Louvre e Sciences Po, coordinate dallo staff del museo, si staglia
nel momento culminante dell'agonia, contro un cielo scuro e
turbolento, acceso da riflessi dorati, dal tipico pittoricismo
fiammingo. L’opera dialoga in sala, con alcuni disegni e incisioni,
con i momenti più drammatici della narrazione evangelica.
Dall’Elevazione della croce dello stesso Van Dyck a quella
attribuito a Belisario Corenzio, alla Crocifissione di Dürer, alla
Deposizione e la Pietà, attribuite rispettivamente a Perin del Vaga
e Marco Pino.
Anton Van Dyck (Anversa, 1599). Figlio
di un ricco mercante, a 10 anni si avvia alla carriera pittorica e a
17 ha già un suo studio. L’artista arriva in Italia nel 1621, su
consiglio del maestro Peter Paul Rubens, per studiare l’armonia
lineare dei grandi artisti del Rinascimento e perfezionarsi sulle
composizioni religiose, come quelle con il Cristo in croce. Nel corso
del viaggio il pittore si stabilisce a Genova, dove diviene il
ritrattista di riferimento dell’elegante aristocrazia locale ed è
richiesto nei maggiori centri artistici d’Italia (Roma, Venezia,
Torino e Palermo). Cavalieri e dame frequentano quotidianamente il
suo studio.
I soggetti sacri eseguiti da Van Dyck
nei sei anni trascorsi in Italia documentano la qualità di raffinato
colorista acquisita attraverso la costante osservazione delle opere
di Tiziano, più volte copiate dall’artista nei taccuini di studio.
Nella sua esperienza italiana saranno molto significativi gli
incontri con pittori e scultori, tra questi quello in Sicilia con la
pittrice Sofonisba Anguissola di cui lo stesso Van Dyck racconta: “Ho
ricevuto maggiori lumi da una donna cieca che dallo studiare le opere
dei più insigni maestri”. La maturazione artistica raggiunta negli
anni italiani gli consente, tornato ad Anversa (1627-32), di
assolvere importanti commissioni per le chiese delle Fiandre. Nel
1632 si reca a Londra dove rimarrà fino alla morte nel 1641.
Nominato pittore di corte di Carlo I, diventa l’influente e
malinconico ritrattista di una società sfarzosa ed elegante.
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