Il Supplizio di Dirce detto anche Toro
Farnese, si tratta di un gruppo scultoreo ellenistico in marmo
conservato presso il museo archeologico nazionale di Napoli (MANN). Si tratta della scultura antica più
grande attualmente pervenutaci. L’opera venne realizzata con un
unico blocco di marmo: impressionante se consideriamo che pesa 24
tonnellate, è alta quasi quattro metri e la sua base è di 9 metri
quadrati; incredibile se notiamo il realismo con cui è stato
scolpito l’animale ed il dramma degli umani rappresentati.
Cosa raffigura?
Il supplizio di Dirce ha le sue radici
nella mitologia greca con una scappatella di Zeus. In questo caso il
dio si accoppiò con la giovane Antiope, figlia di re Nitteo, che non
gradì particolarmente la gravidanza che seguì il rapporto. Subito
dopo il parto i due gemellini, Anfione e Zeto, vengono affidati ad un
pastore, mentre la madre è costretta a fuggire, trovando ospitalità
a Sicione, da re Epopeo, ma suo zio Lico (re di Tebe) invade Sicione,
uccidendo Epopeo e prendendo la nipote come schiava. Per 20 anni la
donna subisce le peggiori angherie da Lico e da sua moglie Dirce,
invidiosa della sua bellezza. Un giorno, Zeus decise di intervenire
per aiutare Antigone facendola fuggire. Braccata dalle guardie e
dalla stessa Dirce la donna cercò rifugio sul monte Citerone, dove
incontrò due giovani che si offrirono di aiutarla (Anfione e Zeto)
che, dopo aver scoperto la verità sul loro conto, si erano messi in
marcia per salvare la madre. Così, quando, Dirce arrivò per punire
l’odiata Antigone i due gemelli reagirono e punirono la carceriera
della madre facendole scontare tutti i soprusi in un solo colpa: la
donna venne legata viva ad un toro imbizzarrito fino a quando i
movimenti e la furia dell’enorme animale non le fecero esalare
l’ultimo respiro.
Toro Farnese - Inizio III sec d. C. - Da originale di età ellenistica inv. 6002. |
Nessun commento:
Posta un commento