Dal 10 novembre a giugno 2018, Mann -
Napoli: 15 appuntamenti, tra i 30 ospiti Massimo Cacciari, Luciano
Canfora, Nadia Fusini, Cristina Cattaneo, Caterina Soffici, Hisham
Matar (Premio Pulitzer 2017), Luigi Lo Cascio, Massimo Popolizio,
Silvia Calderoni, Anna Bonaiuto, Elena Bucci, Antonio Biasiucci.
Napoli, 8 novembre – Saranno oltre
trenta, tra filosofi, scrittori, storici, scienziati, attori, artisti
visuali, i protagonisti della seconda edizione di “Fuoriclassico.
La contemporaneità ambigua dell’antico” al Museo Archeologico di
Napoli, quindici appuntamenti dal 10 novembre al giugno 2018 sul tema
“Passaggi di stato. Migrazioni e altre metamorfosi”. Tra gli
ospiti Massimo Cacciari, Luciano Canfora, Hisham Matar (Premio
Pulitzer 2017), Alain Schnapp, Johann Chapoutot, gli attori Luigi Lo
Cascio, Silvia Calderoni, Anna Bonaiuto, Sandro Lombardi, Enzo
Salomone, Massimo Popolizio, Elena Bucci, i fotografi Antonio
Biasiucci e Alejandro Gómez de Tuddo.
La rassegna, il cui tema si pone si
pone in rapporto ideale con Ovidio (a duemila anni dalla morte) e con
Vico (a 350 anni dalla nascita: Vico insegnò proprio nella sede
attuale del Museo Nazionale), è promossa dal MANN e dal suo
direttore Paolo Giulierini, con le associazioni 'A Voce alta e
'Astrea. Sentimenti di giustizia', ideata e curata da Gennaro
Carillo, con il coordinamento organizzativo di Marinella Pomarici e
di Andrea Milanese per il MANN.
“Fuoriclassico. La contemporaneità
ambigua dell’antico” non è un festival, è piuttosto, il
risultato di una ricerca collettiva sul senso dei classici oggi.
Sulla loro inattualità e, insieme, sulla loro contemporaneità” -
tiene a sottolineare Gennaro Carillo, ordinario di Storia del
pensiero politico alle Università Suor Orsola Benincasa e Federico
II.
Il titolo, Fuoriclassico, non gioca
solo sul classico come – letteralmente – ‘fuoriclasse’,
appartenente a una specie superiore di autori e opere. Vuole alludere
soprattutto alla necessità di ‘liberare’ i classici, antichi e
moderni, dal ‘monumento’ nel quale li costringiamo,
marmorizzandoli, fissandoli una volta per tutte in una forma
autorevole e intimidatoria. Ciò che rende classico un classico è
invece l’irrequietezza che lo contraddistingue. Le linee di fuga,
imprevedibili e virtualmente infinite, che da esso si dipartono.
Rispetto alla scorsa stagione,
quest’anno Fuoriclassico si arricchisce non solo di ‘contrappunti’
teatrali concepiti specificamente per il progetto del MANN e affidati
ad alcune delle voci più importanti della scena italiana, ma anche
di contrappunti visivi, demandati ad artisti come Antonio Biasiucci e
Alejandro Gómez de Tuddo.
Media partner del progetto Rai Radio 3
Incontro inaugurale venerdì 10
novembre (ore 18:00) dal titolo Agorà / Agoradio / Agor@. Crisi e
trasformazioni dello spazio pubblico. Intervengono Giuseppe Laterza,
Pietro del Soldà e Marco Filoni. Lo spazio e il discorso pubblico
sono profondamente mutati. Quella digitale, per esempio, è la nuova
frontiera, se non della democrazia, sicuramente del populismo.
Comprendere la mutazione in atto e provare a immaginarne gli esiti è
il presupposto essenziale di qualsiasi discorso politico a venire.
Venerdì 24 novembre (ore 17,30) e
sabato 25 novembre (ore 21:00) saranno consacrati al dio migrante e
mutante per eccellenza, Dioniso. Dal cui mito si procederà per una
riflessione più ampia sul tema delle identità. La due giorni si
articolerà in un dialogo su Dioniso tra Massimo Fusillo, autore di
un magnifico libro sul dio e sulle Baccanti nel Novecento, Il dio
ibrido, e Gennaro Carillo, e il 25, alla Galleria Toledo, nella
ripresa della performance MDLSX dei Motus, con Silvia Calderoni da
sola in scena, una delle esperienze teatrali più potenti, e
intimamente ‘dionisiache’, degli ultimi anni.
Mercoledì 13 dicembre (ore 17:30) sarà
la volta di un confronto a tre voci sulle Cosmogonie degli antichi
comparate a quelle dei moderni. I miti e le teorie scientifiche
sull’origine del mondo saranno indagati da Franco Ferrari,
ordinario di Storia della filosofia antica all’Università di
Salerno, Massimo Capaccioli, emerito di Astrofisica nell’Università
di Napoli Federico II, ed Eugenio Lo Sardo, storico e direttore
dell’Archivio Centrale dello Stato.
Sabato 16 dicembre (ore 18:00) ci si
sposterà al Teatro Bellini, dove Luigi Lo Cascio leggerà l’Apologia
di Socrate di Platone. Lo Cascio incontra, in anteprima assoluta per
il MANN, la ‘ricostruzione’ platonica dell’autodifesa
giudiziaria più famosa della storia, un testo cruciale per la
comprensione del processo attico, delle strategie retoriche in uso
nei tribunali popolari, e soprattutto per una messa a fuoco, dagli
esiti inquietanti, del rapporto tra il filosofo – orgogliosamente
minoritario – e la potenza mortale della maggioranza. Dunque un
modo per riflettere, seppure nella distanza storica, sul ‘posto’,
scomodo, del sapere critico in democrazia.
Mercoledì 31 gennaio 2018 (ore 17,30)
sarà la volta di Metamorfosi dell’intellettuale (e del Principe),
con Ivano Dionigi, ordinario di Letteratura latina all’Università
di Bologna, di cui è stato Rettore, e direttore del centro studi La
permanenza del classico, e Paolo Di Paolo, scrittore e giornalista.
Le letture sceniche saranno affidate a un maestro del teatro
italiano, Sandro Lombardi. Quest’incontro rappresenta una sorta di
approfondimento di quello inaugurale del 10 novembre, di
focalizzazione su due figure chiave dello spazio e del discorso
pubblico: l’intellettuale e il detentore del potere (dunque il
‘principe’ secondo un’accezione ampia e dai confini mobili).
Come conservare un sapere critico, come continuare a praticare la
parrhesia (il discorso franco e libero, senza autocensure), di fronte
a chi comanda e, se contrariato, può arrivare a darti la morte?
Questo il tema, ovviamente declinato secondo la modalità tipica di
Fuoriclassico: l’antico (Lucrezio, Seneca, Tacito) e il
contemporaneo (che fine hanno fatto gli intellettuali in tempo di
disintermediazione? La disintermediazione implica la fine del sapere
critico o solo la fine – nemmeno tanto deprecabile – del
monopolio del sapere in capo a un ceto autorevole, istituzionalmente
depositario esclusivo della critica? In altri termini:
disintermediazione significa più o meno democrazia? O significa che
quel che chiamiamo democrazia è un’altra cosa, totalmente diversa
dal significato che la tradizione le annette?)
Venerdì 16 febbraio (ore 18:00) sarà
la volta di un incontro che riflette appieno lo spirito di
Fuoriclassico. Il titolo è Quel che resta di noi. Il tema è attinto
alla tragedia classica: l’atto culturale della sepoltura, la
restituzione di dignità e identità al corpo morto, il destino del
nemico ucciso. L’occasione è offerta dal dramma dei migranti morti
nel Mediterraneo, dalla prova di umanità alla quale i loro corpi –
estranei, in tutti i sensi – ci chiamano. Interverrà Cristina
Cattaneo, ordinario di Medicina legale alla Statale di Milano e
direttrice del LABANOF, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia
forense nel quale si lavora per restituire l’identità ai migranti,
e non solo, a partire da tracce piccolissime. Un lavoro che, osserva
la Cattaneo, non è tanto un atto di pietas verso i morti quanto un
atto di rispetto per i vivi, per coloro che rivendicano i corpi dei
propri cari. Sono anche questi vivi in attesa straziante il grande
rimosso della tragedia che si consuma nel Mediterraneo. Con Cristina
Cattaneo interverrà Caterina Soffici, scrittrice, autrice di un
romanzo, Nessuno può fermarmi (Feltrinelli, 2017), ispirato a una
storia vera che mostra le intermittenze della Storia: il naufragio
dell’Arandora Star, la nave inglese stipata di italiani, internati
dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini all’Inghilterra. Ne
morirono 446, i cui corpi furono restituiti dal mare anche a grande
distanza di tempo dal siluramento della nave. Questa tragedia
dimenticata dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che anche gli
italiani sono stati oggetto di deportazione, che anche gli italiani
sono stati migranti, che anche gli italiani hanno trovato una morte
atroce per acqua. Il contrappunto visivo sarà affidato ad Antonio
Biasiucci, che ai migranti ha dedicato un lavoro di straordinaria
potenza di suggestione, efficacissimo fin dal titolo, Molti.
Venerdì 23 febbraio (ore 17:30) Nadia
Fusini e Gennaro Carillo dialogheranno su Il grande cervo, ossia su
Falstaff e Atteone, o su Falstaff come Atteone moderno, in occasione
della nuova traduzione (Feltrinelli, 2017) della Fusini delle Merry
Wives of Windsor di Shakespeare, innovativa fin dal titolo: Madame al
posto del tradizionale Comari. Incontro che avrà dunque per oggetto
le metamorfosi moderne di un mito classico (di metamorfosi) e, più
in generale, l’impatto di Ovidio sulla letteratura elisabettiana,
oltre che su quella a venire.
Giovedì 22 marzo (ore 18:00) le
metamorfosi del comico – e del suo rapporto con il politico:
problema anche del nostro tempo, nel quale il comico/comiziante e il
politico si confondono – saranno indagate da Luciano Canfora, in
una lezione dal titolo Tucidide e Aristofane: dal 411 al 404. Arco di
tempo cruciale per la vicenda della democrazia ateniese: siamo nella
fase finale, disastrosa, della quasi trentennale guerra del
Peloponneso, con Atene città divisa dal conflitto civile (stasis)
tra la fazione oligarchica e quella democratica. È questo il
contesto nel quale Aristofane prende decisamente partito contro la
democrazia: le Rane - questa la tesi di Canfora - diventano
l’occasione per un comizio feroce contro i politici del presente e
in particolare contro il leader democratico Cleofonte, del quale si
decreta la condanna proprio sulla scena.
Lunedì 26 marzo (ore 18:00) il
confronto dell’antico con il contemporaneo verterà sul tema
dell’esilio e del ritorno. Nostos/reditus. Storie di ritorni è il
titolo, con la partecipazione di Rossana Valenti, professoressa di
Letteratura Latina alla Federico II, che parlerà del De reditu, il
poema di Claudio Rutilio Namaziano, e dello scrittore di origine
libica Hisham Matar, autore de Il ritorno. Padri, figli e la terra
fra di loro (Einaudi, 2017), Premio Pulitzer 2017 per
l’autobiografia. L’incontro è una comparazione tra due viaggi
(due nostalgie: la parola greca designa il ‘dolore del ritorno’):
uno tardo-antico, quello di Claudio, che torna da Roma in Gallia e
scrive un poema sulla degenerazione dell’impero, un altro
contemporaneo, con Hisham Matar che torna in Libia sulle tracce del
padre fatto sparire da Gheddafi.
Venerdì 20 aprile (ore 18) Massimo
Cacciari proporrà la sua originalissima interpretazione filosofica e
filologica dell’Eneide in una lettura dal titolo Vittoria triste.
Due i punti chiave: Enea come esule in terra straniera ed eroe
fondatore (siamo dunque di fronte a un’integrazione importante del
tema del 26 marzo); Enea come la personificazione dell’eroe antico
per eccellenza, chiamato a compiere – anche suo malgrado – un
destino e a corrispondere sempre e comunque alle aspettative della
comunità. Anna Bonaiuto leggerà estratti dal poema virgiliano.
Lunedì 7 maggio (ore 17,30) Gennaro
Carillo e Ulderico Pomarici discuteranno delle teorie
‘immoralistiche’ della giustizia tra antico e moderno. Perché,
in fondo, ‘ammiriamo’ il delinquente che la fa franca e
deprechiamo chi si fa cogliere in flagrante? Se avessimo la garanzia
dell’immunità (il mitico anello di Gige, il cui castone, ruotato
verso l’interno della mano, rende invisibili), dunque la sicurezza
dell’impunità, resisteremmo alla tentazione di infrangere la
legge? O il nostro giudice interno è talmente forte da metterci al
riparo dalla tentazione? Sono domande che il pensiero antico si è
posto in termini così radicali da provocare risposte anche tra i
moderni, con sorprendenti consonanze (e dissonanze). Massimo
Popolizio leggerà brani da Erodoto, Tucidide (il dialogo dei Melii e
degli Ateniesi), Antifonte, Platone.
Mercoledì 16 maggio (ore 17,30) è il
turno di «Molto mi è grato, Roma, guardare le tue rovine». Il
fascino delle rovine tra paura e desiderio. Il titolo, tratto da un
verso di Enea Silvio Piccolomini, richiama l’eros che attrae
irresistibilmente verso le rovine. Ne parleranno Alain Schnapp (già
ordinario di Archeologia classica all’Università di Paris-Sorbonne
e direttore dell’Institut National d’Histoire de l’Art), che
sta per licenziare un libro fondamentale sul tema, una storia
universale del culto delle rovine, e un giornalista-scrittore,
Vittorio Giacopini, che ha appena pubblicato un romanzo visionario,
inclassificabile, scritto in una lingua ricchissima e potente, Roma,
il cui protagonista, Lucio Lunfardi, ha in animo di distruggere Roma
non col fuoco, come Nerone, ma con l’acqua, mondandola del marciume
fisico e morale che l’asfìssia. Il contrappunto visivo sarà
affidato a Alejandro Gómez de Tuddo, il cui lavoro fotografico su
Roma intercala abilmente immagini del presente (e del potere romano:
i ripetitori della RAI) e i frammenti, le anatomie del passato
glorioso della Città eterna. Anche quest’incontro si avvale della
collaborazione dell’Institut Français de Naples.
Giovedì 7 giugno (ore 18:00)uno dei
maggiori studiosi di Ovidio (ordinario di Letteratura latina a Siena
e alla New York University), Alessandro Barchiesi, terrà una lezione
dal titolo Metamorfosi a teatro. Ovidio e lo spettacolo della
trasformazione, nella quale proporrà anche una riflessione
conclusiva sul tema generale del ciclo. Alla voce di Elena Bucci sarà
affidata la lettura di Ovidio e in particolare del mito dei pirati
Tirreni trasformati in delfini e di quello di Atteone.
Si chiude mercoledì 13 giugno (ore
17,30) con un incontro, promosso in collaborazione con l’Institut
Français de Naples, dedicato all’abuso dell’antichità classica
da parte del regime hitleriano. Interverrà Chapoutot, professore di
Storia contemporanea all’Università di Paris-Sorbonne e autore de
Il nazismo e l’Antichità (Einaudi, 2017). Alberto Crespi, critico
cinematografico e autore/conduttore di Hollywood Party su Radio3,
racconterà invece – ovviamente proiettandone delle sequenze – il
film di Leni Riefenstahl Olympia, girato durante le Olimpiadi
berlinesi del 1938 ed esempio perspicuo dell’appropriazione
‘retorica’ dell’antichità classica da parte della propaganda
nazista.
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