I Romani fuggiaschi, inseguiti dai
Barbari, si rifugiarono su queste montagne e vi fondarono i primi
insediamenti: Scala, Ravello, Furore. Poi da quassù scesero verso il
mare, fino a diventare navigatori abilissimi. Nacque così la
gloriosa Repubblica Amalfitana.
Furore restò, per la sua particolare
conformazione, una roccaforte inattaccabile anche al tempo delle
incursioni saracene. I suoi abitanti si dedicarono in particolare
alla pastorizia e all’artigianato.
Il Fiordo rappresentò un porto
naturale, nel quale si svolsero fiorenti traffici e si svilupparono
le antiche forme di industria: cartiere e mulini alimentate dalle
acque del ruscello Schiato, che discendeva dai Monti Lattari. Il nome
Furore derivò dalla particolare furia che il mare assume nei giorni
e nelle notti di tempesta e dal fragore dei flutti sulla scogliera e
nel Fiordo, con rumori spaventosi e assordanti. Il suo nome
originario era “Terra Furoris” (terra del Furore).
Esso
comprendeva anche un sobborgo, denominato “Casanova”, poi
assorbito nell’espansione del paese e la cui denominazione è
scomparsa. (Tratto da “Il paese che non c’è” di Raffaele
Ferraioli).
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