Con opere recenti, in
tecnica mista, dei due artisti aniconici dell'area campana, in
collaborazione con l’Associazione Nazionale Sociologi –
Dipartimento Campania, nell’accogliente spazio “RespirArt
Gallery”, Corso Garibaldi, 30 64021 – Giulianova - TE ( 085 219
67 25 – 327 546 78 42, e-mail: respirart.gallery@libero.it ).
Saluti di Berardo Montebello.
Intervento critico di Maurizio
Vitiello.
Saranno presenti gli artisti.
Orario: 10–13/17–20; sino a venerdì
30 novembre 2018.
Catalogo in galleria.
Scheda della mostra a cura di Maurizio
Vitiello:
“CORRELAZIONI ASTRATTE – Antonio
Izzo/Gianni Rossi”
Da anni Antonio Izzo e Gianni Rossi
saggiano i loro studi e i loro interventi in mostre di gruppo; hanno
voglia di esprimersi, di “esserci”, di discutere. E’ chiaro che
la prospettiva del domani è nell’attualità dell’arte. Il loro
procedere è un gioco sottile di rimbalzi; orizzonti, profili,
panorami s’interconnettono nelle frontiere comuni. Il loro cammino
è accattivante e il loro impegno è sincero; finitime sono le loro
impostazioni, e, tra le loro opere, si colgono, si avvertono e si
percepiscono “scambi di confine”, nell’alveo di produzioni
serissime e nel concreto ventaglio di traguardi raggiunti, già,
coerentemente, alle spalle.
Antonio Izzo continua a sviluppare
programmi compositivi agili.
A memoria calma e raffreddata, possiamo
sottolineare che la produzione artistica dell’artista deriva da
seduzioni e articolati recuperi; da seduzioni perché ha sempre
inseguito e sostanziato percorsi della sua ricerca tentando di
indagare su vari, complessi e specificati tagli estetici e da
recuperi, perché per lui nessun “materiale di risulta” può
considerarsi tale, dato che potrebbe avere ancora in sé un lancio di
sfida all’estetica.
In una complessa rete di riverberi di
cuore e di segni rugosi, tutti tesi a pronunciare una storia di
rimandi estremi, e in una sorta di affrancature emotive e di
“scarabocchi”, che indugiano e indagano su variabili
“altre”, corrispondenze astratte declinano variegate sequenze
immaginative di riscontri intuitivi.
Alcuni dipinti, come ad esempio,
“Elemento organico su fondo rosa” (2016), “Verso il Golgota”
(2016), “Mediterraneo” (2016), “Nello studio del pittore”
(2017), deviano su incasellamenti ed effrazioni, che ricordano,
lontanamente, in filigrana e come reliquato memoriale, la “scia”
figurale di bimbi in gioco o impegnati nella disputa de “il gioco
della settimana” – ma i ragazzini d’oggi sanno che cos’è? -
presente nella produzione di espressività gestuale di Elio
Waschimps, dopo, e, prima, di Raffaele Lippi, che fece parte del
“Gruppo Sud”, insieme ad Adriana Artiaco, Renato Barisani,
Raffaello Causa, Ezio De Felice, Renato De Fusco, Armando De Stefano,
Vera De Veroli, Alfredo Florio, Vincenzo Montefusco, Federico
Starnone, Mario Tarchetti, Guido Tatafiore.
Da non dimenticare che Elio Waschimps e
Raffaele Lippi passarono, successivamente, per l’informale, come
cita, tra gli altri, giustamente e pertinentemente, Renato De Fusco.
Izzo, ora, rientra con un certo
carattere ed espone con una più determinata continuità, da solo e
con questo gruppo di amici-artisti.
La voglia di segmentare e approfondire
per accertare reali posizioni di giudizio combina un ductus, in cui
viene tracciata la redazione di una scrittura da corsivo dinamico al
posato manifesto.
Le sue opere meritano attenzione da
parte della stampa e della critica, come le opere degli altri due
amici artisti, Ferrigno e Rossi, perché incapsulano ardenti
sommovimenti, utili frazioni di ricerca e un’incontrovertibile
vertigine di riferimenti.
Con le ultime produzioni tende a
esplorare, ulteriormente, i limiti e i confini di una diversa
percezione dell’arte, il che non guasta.
Antonio Izzo non è, assolutamente,
ancorato alla tradizione, né è allineato alle morbide posizioni di
moda del momento, che nascono da interessi di mercato, ma spinge a
una risemantizzazione del telescopico astratto-geometrico.
Antonio Izzo ha dalla sua differenziate
esperienze e su queste ha sempre navigato consapevole per approdare a
una "cifra" di lettura, che vede l´uomo e il suo desiderio
di vita, convintamente, descritto in un accordo dai mille risvolti.
In tele e carte collega uomo e domani,
in un divenire senza tempo.
La moderna tecnologia e il suo status
avanzato sono controllati, esaminati e rilanciati in uno scenario
futuribile, tra rimandi e furbizie segniche.
La scienza sta progredendo a passi
sostenuti e incontenibili e, talvolta, si sostituisce o s’integra
nella potenza ambientale decretando problematiche, non effimere, e se
l’artista rileva, dalle membrature della natura e, chiaramente,
dalle sue trasformazioni, la ricaduta, in parallelo, geometricamente
funzionale determina aggettivate elaborazioni di temperamento
astratto.
La scena composta può sostanziare una
rapida sintesi e l´artista appronta e contestualizza, con mano
rapida e sicura, apparati e risultati in soluzioni
grafico-pittoriche, che stringe su formulazioni inquiete.
Ma anche singolari associazioni
intervengono in altre stesure.
Su dati aggregati, su bivalenze, su
comparazioni si muove la pittura di Antonio Izzo, tutta tesa a
sottolineare stime binarie, ricerche del doppio, strategie per
multiversioni.
E negli assemblaggi di materiali di
risulta combina ciò che è stato, anche, meccanicamente in azione,
con elementi segnico-cromatici d´indubbia, invitante, lusinga
estetica.
Tangibili pezzi vengono riproposti con
abilità per ridisegnare possibili rinascite.
Da condizioni obsolete si passa a
condizioni di vitalità visuale, suggerite da una creatività, e
cosciente.
Se il sistema aliena, il potere
dell’immaginazione può condurre altre verifiche e rinfrancare
altre segnalazioni, sino a riabilitare e a ripristinare il già
consumato per estendere una vita di fluttuanti segni , nonché
addizionate campiture.
Un sottile “stupor mundi” pervade
le opere di Antonio Izzo, che vengono fuori da un “mare magnum”
di situazioni e circostanze visive e, certamente, si sollevano
dall’anestesia etica collettiva e intendono significare, perché
vogliono dire ancora qualcosa, scivolando in un codice eminente e
franco.
Da equilibri sensibili a tecniche miste
indicative, di uno spedito “melting pot” culturale, si
sedimentano le dimensioni poetiche dell’artista impegnato a
pedinare preziosi sogni fantasmatici, attraverso incredibili
reliquati memoriali.
Queste opere di Antonio Izzo devono
essere lette con attenzione, perché crediamo che nelle sue
elaborazioni s'innalzi il cuore dell’arte, che inganna e rivolge a
sé la ragione della ricerca.
Antonio Izzo misura il suo tempo con
uno “screening” oculato, attento su tutto ciò che trova e che
può riabilitare.
In conclusione, possiamo segnalare che
reintegra la percezione dell’occhio estetico e riporta, con
candore, a vivificare il “fil rouge” dell’estrema esistenza di
segni incisi, di meccanismi riabilitati e di oggettive incidenze
astratte.
Insomma, converte, in un sistema
coordinato di tagli e pressioni, dimensioni e dispositivi, perché
vivano un seguito di un arco vitale.
Gianni Rossi, gioca, da sempre con
titoli orientati, talvolta intriganti, insomma appassionanti, e
puntualizza con precisa chiarezza la sua linea, sia grafica che
pittorica, che ha avuto, serie dopo serie, passo dopo passo, momento
dopo momento, enunciazioni chiare, esplicite, capaci, convinte e
persuasive, senza inganno alcuno.
Con disegni e chine ha affrontato tesi
e tematiche, indicate e registrate in libri e monografie esemplari.
Il vocabolario segnico-coloristico di
Gianni Rossi invita a pensare a uno “screening” puramente giocato
nello spazio dei contrappesi visivi, degli accordi cromatici e delle
sintesi geometrico-compositive.
Ma il peso, il valore degli impasti è
anche giocato, in maniera determinata con materie varie, che sceglie
con argute risoluzioni.
Ma sotto c’è una mappatura
metaforica e una geografia di combinazioni, puro traslato di
immaginazioni, in parte, e di assensi strutturali reali, per l’altra
buona metà; insomma, solo una lettura attenta, profonda, combinata
riesce a cogliere quanto di vigilato è sui piani partecipi della sua
pittura, che intende accogliere il mondo esterno, che filtra nella
sua anima e nelle sue acquisizioni mentali.
Ciò che è fuori pareggia con l’intimo
sentire.
Più volte, nel tempo, abbiamo scritto
su e per Gianni Rossi - basta vedere le indicazioni bibliografiche
dei suoi cataloghi - e sempre abbiamo posto l’accento sulla
predominanza di una voluta disposizione geometrica di base, combinata
ad accogliere un sostrato di matericità, nell’approccio con la
tela e con altri supporti.
Ma abbiamo anche informato, i lettori
di quotidiani e di riviste, su cui siamo intervenuti, che
nell’esercizio pittorico di Gianni Rossi s’espande, sulle
affinate e incidenti trame e sui dinamici e pulsanti orditi
astratto-geometrici, un pregevole dettato segnico, supportato da una
tensione poetica, che pone nel gioco compositivo allusioni di
racconti, sottilmente e variegatamente affabulanti, per rendere sensi
luministici.
La linea geometrica predominante
s’imbeve di tessuti materici, di estensioni logico-spaziali
armonizzate, amalgamate, connesse con spiriti di corporeità.
Insomma, la linea virtuosa s’aggancia a infrazioni materiche, a
palpitanti campiture, a reti ben impastate, dove s’estendono
motivazioni di ricerca sul senso della vita e sulla stessa pittura.
Crediamo, che, man mano, i suoi lavori
saranno sempre più apprezzati dal mondo della critica e ogni
opportuna occasione espositiva permetterà una sempre migliore
acquisizione del tracciato segnico-pittorico-poetico che valida un
percorso di attenzioni massime al mondo.
L’ attuale tracciato dall’artista
Gianni Rossi posiziona commenti e aperture. L’artista si sofferma,
in modo esteso, a contenere gli imbarazzi contemporanei e a
rilanciare possibili visioni di concordia.
Per l’artista ogni mostra è: “ …
Una raccolta di opere poste in sequenza, come un divenire di tempi e
realtà, di distanze e luoghi, con un costante approccio al
territorio, alla geografia di luoghi, alle luci e alle cromie della
realtà vissuta. …”.
Le sue tele si inseriscono nel filone
dell’astrattismo contemporaneo in cui a prevalere sono linee
segmentate e colori volutamente accesi, brillanti e squillanti,
attraverso l’uso di acrilici, collages, impasti di polvere di marmo
e di carta, e non solo.
Semplicemente, Gianni Rossi percorre le
strade dell’astrattismo di matrice lirica, in cui eleganze
curvilinee, fraseggi pittorici, ribattute articolazioni e consistenze
materiche sottolineano campiture gravide di umori e di verità,
mentre segni, segnacoli e segnali intercettano effetti ludici e
sorreggono i tagli più squisitamente geometrici in chiave astratta.
Gianni Rossi sa bene come portare
avanti la sua personale, garbata descrizione
astratto-lirico-geometrica all’interno delle ricerche delle
numerose onde astratto-informali, tanto da essere un punto di
riferimento per le nuove leve e motivo di studio per giovani studenti
universitari.
Ovviamente, è riuscito a determinare e
a definire una sua cifra di riconoscibilità, il che non è poco;
anzi, è quel molto che lo potrà sempre decisamente
contraddistinguere, ma non solo nella sua terra d’origine.
Chi studia l’astratto-lirico-geometrico
deve sapere che questo codice interpretativo è stato investigato e
reso da artisti di varie latitudini.
Gianni Rossi regola memoria e maniera,
riclassifica le tonalità dei colori, rimedia il senso del taglio per
agevolare aperture e uncinare valenze certe, in cui spessori rendono
profondità reali e, altre volte, cosmiche.
Riuscire, dopo tanti anni di integra ed
esperta carriera, a essere riconosciuto come valido interprete di un
segmento qualificato, che fa combaciare le estremità
dell’astrattismo lirico e dell’astrattismo geometrico, depone
tutto a suo favore.
Oggi, Gianni Rossi nella continuità di
una linea raffinata dell’arte si pone nella folta schiera delle
firme, accorsate e serie.
Il merito principale dell’artista è
di aver raccolto e riattivato le sue prese di coscienza in sviluppi
vitali con un esercizio quotidiano, di respiro e di metodo, che non
lo stanca.
Oggi, più di ieri, prosegue
nell’elaborare un circolo di riconsegne estetiche, consistenti e
condivise.
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