Ricorrenza:
19 febbraio
Nobile del Trecento, aveva un debole
per la caccia: un giorno, lungo la riva del Po giallastro, un ghiotto
capo di selvaggina, ch'egli inseguiva a cavallo, cercò scampo dentro
una macchia impenetrabile, allora l'appassionato cacciatore impartì
l'imprudente ordine di dar fuoco alla macchia per stanare l'animale.
Era estate e nella pianura riarsa dal sole, gli uomini di Corrado non
furono in grado di controllare le fiamme da loro stessi suscitate. Si
sviluppò un incendio che, con l'aiuto del vento, distrusse le messi
e le cascine vicine. Corrado e i suoi uomini rientrarono in città
senza esser notati ed il rimorso e la paura tennero suggellate le
bocche. I contadini danneggiati protestarono presso il governatore
della città, che ordinò un'inchiesta. Fu allora arrestato un
vagabondo, trovato nei boschi, vicino al luogo dell'incendio. Le
prove a suo carico parvero sufficienti ed venne condannato a morte,
ma sulla piazza della città, poco prima che avesse luogo
l'esecuzione, Corrado non poté resistere all'impulso della propria
coscienza, che gl'imponeva di scagionare l'innocente e di accusarsi
colpevole.
La sua inaspettata confessione chiarì
come erano andate le cose. Poiché non si trattava di dolo, ma di
responsabilità colposa, dovuta ad una imprudenza, il nobile venne
condannato a risarcire tutti i danni arrecati dalle fiamme. Corrado
era ricco, ma l'incendio era stato rovinoso. Quando l'ultimo
danneggiato fu risarcito, egli aveva finito non solo tutti i suoi
beni ma anche quelli della moglie.
I due sposi ridotti all'indigenza non
si angustiarono per questo. Per ambedue quel drammatico avvenimento
aveva illuminato di nuova luce tutta la loro vita, come un segno del
cielo. La donna rivestì così l'abito delle poverissime figlie di
Santa Chiara, entrando nel convento di Piacenza. Corrado si unì ad
alcuni devoti eremiti che vivevano fuori di città, sotto la Regola
del Terz'Ordine francescano.
IL POST PIU' LETTO:
Nessun commento:
Posta un commento