giovedì 21 marzo 2019

Il n° 8 della rivista di poesia LEVANIA sarà presentato martedì 26 marzo, alle ore 17:30, presso l’Associazione Culturale MOVIMENTO APERTO, Via Duomo 290/C, Napoli

Insieme alla padrona di casa Ilia Tufano, cui si deve l’immagine di copertina, saranno presenti i componenti della redazione e alcuni degli autori e degli artisti che hanno dato il loro contributo: Daniela Allocca, Viola Amarelli, Black Napkin, Paola Di Gennaro, Lino Fiorito, Costanzo Ioni, Luigi Trucillo.

Il numero, che come accade spesso nei più recenti fascicoli, ha un’impostazione monografica, è incentrato sul tema dell’errore, inteso nella sua accezione di fattore necessario allo sviluppo vitale: “ed è, tutte le volte, errore sanguinoso e proficuo allo stesso tempo. Almeno tre i possibili contesti di senso: quello, per così dire, geografico-spaziale; quello linguistico-letterario; quello esistenziale. Gli autori che abbiamo convocato per questo numero della rivista, proponendo loro una lista di libere associazioni da cui era possibile partire, o allontanarsi, si sono disposti, grosso modo, lungo queste tre linee direzionali”, si legge nell’editoriale.


LEVANIA 8 accoglie testi e immagini di autori italiani e stranieri di diverse generazioni, scelti tra i più significativi interpreti della letteratura e delle arti: poeti e studiosi, traduttori e artisti quali Nanni Cagnone e Lino Fiorito, Luigi Trucillo, Camilla Maria Cederna e Mohamed Moksidi, Daniela Allocca e Uljana Wolf, Costanzo Ioni e Viola Amarelli, Tommaso Di Dio con Linda Carrara e Giulio Zanet, Luca Ariano e Black Napkin, Andrea Donaera e Daniela Pericone, Paola Di Gennaro, Franca Mancinelli e Laura Di Corcia, Claudio Coltorti e Fabrizio Maria Spinelli.

Accanto a loro, e con loro in dialogo con parole e figure, i redattori di LEVANIA: Marco De Gemmis, Carmine De Falco, Emmanuel Di Tommaso, Eugenio Lucrezi, Paola Nasti, Antonio Perrone, Enzo Rega, Marisa Papa Ruggiero, Enza Silvestrini.

Concludono il numero le recensioni a libri recenti di Nanni Cagnone, Jolanda Insana, Lella De Marchi, Giovanna Cristina Vivinetto, Giulia Niccolai e Vincenzo Mascolo.
LEVANIA 8, l’editoriale:


Un padre, volendo insegnare al figlio ad essere meno pauroso, lo fa saltare dai gradini di una scala. Lo mette in piedi sul secondo gradino e gli dice: “Salta, che ti prendo”. Il bambino salta. Poi lo piazza sul terzo gradino, dicendo: “Salta, che ti prendo”. Il bambino ha paura ma, poiché si fida del padre, fa come questo gli dice e salta tra le sue braccia salta. Quindi il padre lo sistema sul quarto gradino, e poi sul quinto, dicendo ogni volta: “Salta, che ti prendo”, e ogni volta il bambino salta e il padre lo afferra prontamente. Continuano così per un po’. A un certo punto il bambino è su un gradino molto in alto, ma salta ugualmente, come in precedenza; questa volta però il padre si tira indietro, e il bambino cade lungo e disteso. Mentre, tutto sanguinante e piangente si rimette in piedi, il padre gli dice: “Così impari: mai fidarti di un ebreo, neanche se è tuo padre”. Con questa storiella, tratta dallo sconfinato repertorio dello jiddischer Witz, comincia un famoso saggio di J. Hillman, Puer Aeternus, dedicato al tema del tradimento. Senza tradimento, senza che il padre tradisca il figlio nell’abbandono, non c’è fuoriuscita dall’infanzia. Non nasce nulla se non dalla rottura dell’unità idilliaca dell’innocenza. La vita comincia con la fuoriuscita dall’Eden; con l’errore fatale di tentare il frutto della conoscenza. Innocenza e conoscenza sono due termini antitetici, due alberi che non possono coesistere nello stesso giardino. L’errore si inserisce nella necessità stessa dello sviluppo vitale. Ed è, sempre, errore sanguinoso e proficuo allo stesso tempo.
Almeno tre i possibili contesti di senso: quello, per così dire, geografico-spaziale; quello linguistico-letterario; quello esistenziale. Gli autori che abbiamo convocato per questo numero della rivista, proponendo loro una lista di libere associazioni da cui era possibile partire, o allontanarsi, si sono disposti, grosso modo, lungo queste tre linee direzionali.
In primo luogo, errore è errare, erranza; sperdimento in territori dello spazio o del tempo, della mente o del pianeta; migrazione ed esilio; allontanamento dalla certezza e dalla fiducia, di una patria o di una origine. In questo senso hanno interpretato il tema Camilla Cederna e Mohamed Moksidi – vittime proprio loro di una disattenzione redazionale che nel precedente numero di Levania, a causa di un errore in fase di stampa legato al misconoscimento del font tipografico utilizzato nel testo in lingua araba, aveva trasformato i caratteri in segni incomprensibili, quasi un campione di involontario asemic writing. L’allontanamento dal padre e dall’origine familiare è alla base del testo, desolato e robusto, di Andrea Donaera, che rimanda alla precarietà esistenziale di un’intera generazione, quella di cui il poeta è parte anagraficamente; Luca Ariano, poeta di poco meno giovane dell’autore salentino, ci racconta piuttosto l’allontanamento dalla condizione naturale ad opera di uno sviluppo tecnologico ed economico necrotizzante. Nella direzione che affronta il naufragio esistenziale Daniela Pericone si esprime in un testo in prosa che rimanda all’autoesilio e al fallimento: l’aver mancato la vita, l’allontanarsi da essa e il perderla sono possibilità stesse di una vita altra; anche la poesia, in inglese e in italiano, di Paola Di Gennaro insiste, tra stupore e sforzo prospettico, sullo smottamento esistenziale, sul décalage e sulle intersezioni tra vita privata e vicenda storica. L’errore viene declinato nelle forme dell’esclusione e della solitudine nelle capsule di Enza Silvestrini, dove lo sbaglio e la colpa si traducono nella pena della reclusione, anche carceraria, e di una distanza da segrete stanze; ancora sul piano esistenziale, nella poesia di Franca Mancinelli il misconoscimento e la distrazione pare vadano a costituire, per misteriose strade, il sempreverde della relazione umana. Il testo di Nanni Cagnone è, su un livello di significati profondi, oltremodo icastico: l’allontanamento e il romitaggio indicano e implicano il riferimento a un altro allontanamento, questa volta storico ed epocale: quello che fa del linguaggio e della scrittura il tradimento di quel “pensiero a dieci dita” che, almeno fino al Neolitico, rendeva viva l’esperienza. In tal senso l’errore, ineludibile, rimanda direttamente al difetto dell’esperienza, al suo indebolimento, al suo impoverirsi proprio nel momento in cui la vita dell’animale uomo si traduce in articolazioni linguistico-comunicative nuove e complesse. L’allontanamento dall’immediatezza è perdita irreparabile e acquisto di un orizzonte di complessità, allo stesso tempo; impoverimento e arricchimento mordono ciascuno la coda dell’altro e non c’è (dis)avventura linguistica, o letteraria, che non finisca per esaltare questa contraddizione. La poesia di Uljiana Wolf sembra gemmare tutta proprio dal terreno fertile dell’errore linguistico; l’autrice tedesca, traduttrice dall’inglese e dalle lingue slave, nel 2009 pubblicò, appunto, una silloge intitolata falsche Freunde, gli amici fasulli che i principianti nello studio di una lingua straniera si ritrovano davanti a ostacolare, e a promuovere, al tempo stesso, l’apprendimento. I falsi amici linguistici, i traditori che depistano la comprensione, sono anche i potenziatori del linguaggio, detonatori di significati oscuri e inconsci; e questo è proprio il pane quotidiano del fare poesia. Chi si occupa di traduzione e scrive poesia esprime la quintessenza di questo prolifico errore. In questa direzione si muove il testo di Viola Amarelli, che si impiglia nelle maglie della lingua estraendone iridescenti colori: la fallacia falotica del fallo. il fallimento. Sullo stesso registro, che gioca col lapsus e il calembour, con l’autocensura e i suoi rocamboleschi e psicoanalitici svolgimenti, si arrampica agilmente la vicenda degli errori di Marco de Gemmis, mentre l’atto mancato, l’errore prossemico che impedisce l’incontro, il falsche Bewegung che separa due mani nell’atto di un prossimo congiungimento, forniscono l’incipit della poesia di Costanzo Ioni. Laura Di Corcia racconta in prosa alcuni dei percorsi che è possibile immaginarsi, solo a postulare l’errore quale innesco e motore di una Storia, anche letteraria; mentre sul dinamismo, sul falso movimento che anima l’immagine e ogni figurazione artistica, la sua solo apparente staticità, è incentrata la meditazione estetica di Tommaso Di Dio.
Il numero sarebbe molto più povero –anzi: sbagliato, molto più di quanto ora si presenti– senza il contributo degli artisti visivi che abbiamo invitato e che sono venuti ad offrire, in dialogo e a contrappunto con la pagina scritta, la testimonianza varia e ricca delle loro opere, vere e proprie suscitatrici di significati. Poesia e figura, d’altro canto, sono nate insieme all’inizio dei tempi, e non smettono di specchiarsi l’una nell’altra. Grazie, dunque, a Lino Fiorito e a Black Napkin, a Emmanuel Di Tommaso e a Giulio Zanet, a Linda Carrara e a Claudio Coltorti.
e.l., p.n.

www.levania.it
levaniapoesia@gmail.com

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

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