Sarà inaugurata, sabato 26.10.2019,
alle ore 17,30, al MUDISS – Museo Diocesano Sorrentino Stabiese,
Piazza San Giovanni XXIII - 80053 Castellammare di Stabia (NA), tel.
3391561650, con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Sociologi
– Dipartimento Campania, la mostra, curata dal sociologo e critico
d’arte Maurizio Vitiello, intitolata “VANITAS VANITATUM”, con
opere recenti dell’artista Giuseppe Panariello.
Saluti: Egidio Di Lorenzo, Direttore
del MUDISS.
Interventi: Nicola Caroppo, giornalista
e storico dell’arte; Pino Cotarelli, giornalista, redattore di
Teatrocult News e Proscenio; Franco Lista, docente UNISOB, architetto
e artista; Elena Saponaro, docente Fondazione Humaniter e sociologa;
Carlo Spina, avvocato ed ecologista.
Moderatore: Maurizio Vitiello,
sociologo e critico d’arte contemporanea, docente Fondazione
Humaniter, Eurios, UNITRE/Vomero - Napoli, Libera Università di
Castel Sant’Elmo – Napoli, Responsabile Cultura e Arti Visive
dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Campania.
Intervento musicale: Antonino Russo,
flauto; Francesco Pesante, chitarra – allievi del Liceo Musicale
“F. Severi” di Castellammare di Stabia.
Contributi: Elena Cavalieri, dirigente
scolastica; Angelo Ruggeri, docente di flauto; Francesco Ardizio,
docente di chitarra.
La mostra resterà aperta sino sabato
23 novembre 2019; orario: lunedì: 9.00-13.00, mercoledì
9.00-13.00/16.00-20.00; sabato. 9.00-13.00/16.00-20.00.
Scheda della mostra “Vanitas
Vanitatum” a cura di Maurizio Vitiello.
Giuseppe Panariello è un artista di alto profilo linguistico, che, recentemente, ha vinto il primo premio alla “Biennale Internazionale della Calabria Citra” (BiCc), a Praia a Mare (CS), e il secondo premio alla XLVI edizione del “Premio Sulmona”. Ha all’attivo numerose partecipazioni a rassegne e a varie personali in gallerie pubbliche e musei di prestigio. Con la locuzione “Vanitas Vanitatum” si apre e si chiude il lungo discorso di Qoelet, che occupa i dodici capitoli del libro omonimo. Qoelet, o Ecclesiaste, uomo saggio e maestro, dopo aver esplorato ogni aspetto della vita materiale, giunge alla conclusione (già preannunciata all'inizio del testo) che tutto è vanità. Il che non deve impedire all'uomo di riconoscere in Dio il creatore e di osservare i suoi comandamenti, come conclude il breve paragrafo finale a opera di un commentatore posteriore.
Le elaborazioni convinte di Giuseppe
Panariello contengono sensi e segmenti di una declinazione che ci fa
pensare a Mark Rothko.
… I quadri devono essere miracolosi.
Nell’istante in cui un quadro è
terminato,
ha fine l’intimità tra la creazione
e il creatore.
Il creatore diventa esterno alla sua
stessa opera.
Per lui, come per chiunque altro
Il quadro dovrà essere una
rivelazione,
la soluzione inattesa e inedita di un
problema
che da sempre urge dentro.
… non credo che sia mai stata
questione
di essere figurativi o astratti.
Piuttosto si tratta di porre fine a
questo silenzio
E a questa solitudine, di dilatare il
petto
E tornare a respirare. (Mark Rothko)
Giuseppe Panariello, tra l’altro,
precisa: “C’è discontinuità pittorica. Una netta
contrapposizione con generi e mode pittoriche. Oggi, la pittura è
governata dall’urgenza degli eventi sociali, dalla cronaca, dalla
crisi mondiale della politica e tantissime altre criticità. Oggi,
l’artista è il poeta contemporaneo della ricerca, necessaria per
avviare una riflessione sulle variabili fondamentali sull’arte,
senza cedere alla tentazione di far prevalere il mercato sulla
personalità lavorativa.”
Donatella Trotta, tra l’altro,
segnala: “I supporti, poveri, e la materia pittorica, scelta con
acuta cognizione per una disamina dei labirinti dell’anima, sommano
composizioni senza compiacimenti, ma d’impatto. L’arte oltre
l’arte. Per parlare alle coscienze di tutti con il linguaggio
radicale – ancestrale – del gesto. E per generare un atto (non
soltanto est-etico ma anche poetico, politico) che possa dare un
senso nuovo all’insensatezza del mondo, un futuro al principio
speranza, un orizzonte (o una meta, perennemente mobile) alla
spaesatezza e all’erranza come destino dell’umanità …
Nell’attuale crisi globale che è - prima ancora che
economico-finanziaria e sociale - fondamentalmente una crisi di
senso, e di orientamento, il progetto di Panariello offre così una
significativa sintesi tra Oriente e Occidente che da anni, peraltro,
ispira in modo subliminale la sperimentazione artistica dell’autore
e didatta napoletano, permeando il dettato inconscio della sua
concezione laicamente sacrale dell’arte, nutrendo la sua
sensibilità vibratile e determinando il suo approccio non
impositivo, prescrittivo, dogmatico ma sempre maieutico alla
realtà.”.
Giuseppe Panariello sottolinea icone
metaforiche, penetranti nella loro semplicità formale, che investono
e interrogano l’immaginario. Sono la libera evocazione di passati
lontani, di testimonianze post-moderne, di equilibri estetici fondati
sulla percezione di un tempo sempre presente. La visione di intenso
rigore formale porta alla riflessione su un silenzio dell’anima,
quell’anima che ha scandito il tempo e che ha conosciuto i luoghi
di uno spazio interiore. L’opera resta come muta testimonianza,
residuo di una realtà passata, ma non dissolta. Giuseppe Panariello,
Pippo per gli amici, riesce con materiali particolarissimi a
esprimere un’estetica d’indubbia qualità performativa e di primo
piano concettuale. Dei suoi lavori si possono apprezzare finezza
compositiva, equilibrio raggiunto, armonia della bellezza,
spiritualità esistenziale, sensibilità ben distribuita, amalgama
visivo e il rosso pervasivo, incidente e sinteticamente impostato,
folgora istantanei scatti, distribuiti e scalati in una
calibratissima teoria di convenienti e appropriate azioni, dinamiche
e mirate.
In conclusione, quest’esposizione
merita attenzione per meglio comprendere la fattura di opere
singolari e particolari, realizzate grazie al “gesto” cromatico
con glitter su lamiere di ferro, appositamente fatte arrugginire.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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