Quando si avvicina la festa
dell’Epifania, si collocano nel presepe le tre statuine dei Re Magi.
Osservando la stella, i Magi
dell’Oriente si erano messi in cammino verso Betlemme per conoscere
Gesù ed offrirgli in dono oro, incenso e mirra.
Il passo del Vangelo di Matteo non
fornisce il numero esatto dei Magi, ma la tradizione più diffusa,
basandosi sul fatto che vengono citati tre doni, parla di tre uomini.
È nel Vangelo Armeno dell’Infanzia che compare il numero “tre”
insieme ai nomi dei Magi: Melquon, mutatosi poi in Melchiorre, re
della Persia, Gaspare, re dell’Arabia, e Baldassarre, re
dell’India. Questa tradizione vuole che i re Magi provenissero da
paesi lontani posti nei tre continenti allora noti – Europa, Asia,
Africa – a significare che la missione redentrice di Gesù era
rivolta a tutte le nazioni del mondo. Per questo motivo, i tre re
sono spesso raffigurati, in genere, come un bianco, un arabo e un
nero.
I Magi insegnano che si può partire da
molto lontano per raggiungere Cristo. Sono uomini ricchi, stranieri
sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e
pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme (Mt 2,1-12). Davanti
al Re Bambino li pervade una gioia grande. Non si lasciano
scandalizzare dalla povertà dell’ambiente; non esitano a mettersi
in ginocchio e ad adorarlo. Davanti a Lui comprendono che Dio, come
regola con sovrana sapienza il corso degli astri, così guida il
corso della storia, abbassando i potenti ed esaltando gli umili.
Per il Vangelo di Matteo, i Magi sono
state le prime autorità religiose ad adorare Cristo e dei tre doni
che essi portano con loro il più importante è l’ultimo, la mirra.
Si tratta di una pianta usata per realizzare unguenti a scopo
medicinale e sacro.
La parola Cristo significa, infatti,
proprio unto, consacrato con un simbolico unguento, un crisma, per
essere re, guaritore e Messia di origine divina.
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