Una mente molto fertile ed in continua costante attività nella
ricerca di nuove tematiche espressive. Joe Davidson lavora con una
diversità di materiali quali lo scotch tape™ usato come medium per
realizzare paesaggi californiani tratti da fotografie dell’ambiente
circostante; la ceramica, il gesso e i calchi di gesso per realizzare
sculture iperrealistiche di sacchetti di sabbia e di brecciolini da
costruzione e fiori e girasoli con cui ha realizzato immense
installazioni site specific; e poi la plastica e la schiuma per dar
vita alle sue installazioni di città viste dall’alto; e poi i
palloncini colorati che rimandano a memorie infantili; forme
arrotondate che si prolungano quasi in tentacoli, oggetti sferici che
appaiono più come l’astrattizzazione del ventre o del seno materno
esautorati da qualsiasi riferimento realistico eppure appaiono
involucri per contenere e difendere un qualcosa. Due le
caratteristiche principali: da un lato la tecnica dell’assemblaggio
per cui sia nella versione “pittorica” dei Landscapes, sia in
quella scultorea di tante altre opere, l’accumulazione
dell’oggetto, la ripetitività della gestualità, e la
sovrapposizione del materiale, rimangono le sue caratteristiche
marcanti ed identificative. Dall’altro un costante riferimento a
forme biomorfe e organiche che rendono le sue opere, soprattutto le
più recenti, terribilmente sensuali. La necessità di “toccare”,
di accarezzare, di verificare se quelle forme così morbide alla
vista siano altresì anche morbide al tatto; una necessità
irrefrenabile fatta di sensi e di senso; ed infine le colorazioni che
partendo da un bianco totale e candido, passano attraverso l’oro
per terminare in colori pastello ad accentuare la necessità di memoria di infanzia forse sospinta da
necessità di purificazione e catarsi.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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