Cesare Bonesana-Beccarìa marchese di
Gualdrasco e di Villareggio nacque a Milano 15 marzo 1738 (282 anni
fa) e scomparso sempre a Milano il 28 novembre del 1794.
Sposò la filosofia illuminista in
seguito alla lettura delle "Lettere persiane" di
Montesquieu e fu amico dei fratelli Verri coi i quali contribuì a
fondare l'Accademia dei Pugni, nell'ambito della quale scrisse
articoli per la rivista “Il Caffè”.
A Beccaria si deve, nel 1764, la
pubblicazione del capolavoro “Dei delitti e delle pene”: un
saggio breve in cui biasimava la pena di morte e le forme disumane di
tortura diffuse ai suoi tempi. Sosteneva invece quale maggiore
validità la certezza della pena come deterrente verso la
criminalità.
In questo saggio breve, dunque,
Beccaria si pone con spirito illuminista delle domande circa le
modalità di accertamento dei delitti e circa le pene allora in uso.
L'opera fu stampata e pubblicata per la
prima volta a Livorno da Marco Coltellini ed incontrò un notevole
successo in tutta Europa. Fu vista come prodotto innovativo in
Francia ove incontrò l'apprezzamento entusiastico dei filosofi
dell'Encyclopédie, di Voltaire e dei philosophes più prestigiosi
che lo tradussero con le note di Denis Diderot e lo considerarono
come un vero e proprio capolavoro. Fu messa subito in pratica dalla
zarina Caterina II di Russia.
«Non vi è libertà ogni qualvolta le
leggi permettono che, in alcuni eventi, l'uomo cessi di essere
persona e diventi cosa» è una delle sue riflessioni più
significative, che lo pongono tra i padri del pensiero occidentale
moderno e tra gli intellettuali più rappresentativi dell'Illuminismo
italiano.
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