Ricorrenza 23
MARZO
Benedetto XIV lo definì «instancabile
messaggero d'amore».
Nominato arcivescovo di Lima,
coscienziosamente, prima di partire, studiò accuratamente i problemi
da affrontare. La realtà che gli si presentò nel 1581 era
drammatica: la popolazione autoctona era ridotta in condizioni di
impoverimento materiale, culturale e umano, mentre i discendenti dei
primi conquistatori erano gelosi dei loro privilegi.
Turibio nutriva grande amore e rispetto
per gli indios. Per questo studiò la loro lingua, il quéchua, e
impose ai sacerdoti in cura di anime di studiarla. Convocò, poi, un
concilio generale per l'America Latina a Lima, due concili
provinciali e dodici sinodi diocesani allo scopo di riformare
l'amministrazione e i costumi, favorire e coordinare lo scambio di
esperienze missionarie e pastorali.
Fondò anche il seminario di Lima e
fece pubblicare un catechismo in lingua quéchua e raccomandò ai
parroci di preoccuparsi perché le case degli indios avessero tavole
per mangiare e letti per dormire.
Turibio scrisse anche un "Libro de
las visitas" che rivelava una mente pianificatrice di ampie
vedute.
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