Donare una parola. Un gesto che
contribuisce a tessere i fili della relazione a distanza ed a
preservare la possibilità di comunicare e di creare uno spazio
simbolico-relazionale. Uno spazio che segna anche il perimetro
dell’opera d’arte. Una parola incarnata che sa farsi verbo e
cintura di trasmissione di idee ed emozioni.
“L’opera parla – spiega Auriemma
- e per parlare ha bisogno di parole, Proprio per questo l’azione
performativa “Donami una parola” aspira a costruire un
vocabolario, un serbatoio, da cui l’opera può attingere di volta
in volta per potersi esprimere. Creare questo archivio dove le parole
insieme concorrono alla costruzione/decostruzione dell’opera e del
concetto di arte”.
Arte come concetto, dunque, come
simbolo ed insieme strumento.
Secondo gli ideatori, nell’atto di
donare una parola (attraverso un selfie scattato in orizzontale con
una parola associata) si crea un luogo dove si incontrano il donante
e il ricevente e si da spunto e inizio per un possibile accordo
interattivo di comunicazione.
La parola come scultura
La parola crea dialogo tra gli uomini e
i popoli e favorisce la comunicazione; è espressione di un concetto,
è libertà, è civiltà, è democrazia, è creazione: rende liberi e
immortali.
Le due coordinate della relazione,
dell’incontro, tra entità ed individui differenti, portatori di un
mistero irriducibile sono il corpo e la parola, veicoli di contatto e
di comunicazione.
“La parola – continua Auriemma - è
sia persuasiva che dissuadente, può essere sia trasparente che
opaca, sa rivelare ed essere attraversata, essere riflesso e
inattraversabile”.
La parola si mostra ai nostri occhi ed
è visibile mediante la scrittura: in questo caso i canali principali
di percezione sono la vista e l’udito.
Come evidenzia Auriemma, la parola
esiste perché abbiamo un corpo che la trasmette. In un rapporto
circolare di complementarietà, attraverso il logos il corpo si fa
parlante ed attraverso il substrato organico la parola si incarna e
trova un luogo da chiamare casa.
Essa dimora nel nostro corpo, nasce da
un respiro, vibrazione modulata che vaga nell’aria. Essa stessa
rappresenta un respiro in più. Ogni parola è ritmo e richiama
quello del battito del cuore.
“Biblicamente – spiega Auriemma -
la parola si fa carne feconda e guarisce, attiva l’energia vitale,
genera emozioni, riecheggia in noi trasformandoci, fluisce e risolve
nodi energetici”.
Essa giace e riposa, prima di
risuonare, in un silenzio colmo di parole in germe, messe a dimora.
Dal silenzio, infatti, si genera ogni
suono, parola, e al silenzio si ritorna per riposare, per morire. Le
parole pongono domande, e, nello spazio e nel tempo del silenzio e
della riflessione dove si digeriscono i pensieri, si concretizzano le
risposte.
Le parole sono costituite da respiro e
pensiero, nascono nella mente e si formano nell’aria. Le parole
sono gesti: gesti della voce e contengono in sé una promessa di
azione fattuale e di fedeltà ad un’idea.
La parola è suono. Il suono si
propaga nello spazio, assumendo le coordinate tridimensionali proprie
dello spazio.
In questo modo,
trovando collocazione in questo progetto, parole plurime concorrono a
formare una scultura sociale, ove esse stesse non solo servono a
formare coscienze singole e collettive, plasmando e riplasmando
esseri umani migliori, ma divengono esse stesse sculture, mementi,
icone, poste in un luogo, una cerniera, a metà tra l’attuale e il
potenziale.
BIOGRAFIA ESSENZIALE
Luigi Auriemma vive e lavora a Napoli.
Fondatore e coordinatore della rivista d’arte Leonarda.
Tra le numerose esposizioni personali e
collettive vanno ricordate, tra le più recenti:
Cartolina per Napoli, Napoli, Palazzo
Reale, 2000; Rassegna internazionale del libro d’artista”,
Napoli, 2000; é_cri_t, Benevento, Magazzini Pescatore
Artecontemporanea, 2010 (personale); C_END_RE, Napoli, Museo del
Sottosuolo, 2013 (personale); Paleocontemporanea, Napoli, Basilica di
San Gennaro extra moenia, 2013; Permanente/1, Cassino, Museo CAMUSAC,
2013; Lo dovevi fare anche tu!, Napoli, Chiesa di San Biagio
Maggiore, 2015; Luigi Auriemma con il filosofo Carmine Castoro,
Cassino, Museo CAMUSAC, 2015; D_I_O_GENE, Napoli, Museo Archeologico
Nazionale, 2016 (personale); Friends, Caserta, Galleria Dirarte 2.0,
2016; Cryptica, Napoli, Museo del Sottosuolo, 2016; La fragile
bellezza, Roma, Liceo Scientifico Ettore Majorana, 2017; Nessuno in
mostra, Saviano, SAACI Gallery, 2017;
Per-formare una collezione, Napoli,
Museo MADRE, 2018; CORPUS CARSICO, Capri, Certosa di San Giacomo,
2018; Da una trifora sul cortile dell’attualità 1, Napoli,
Galleria area24 space, 2019
Sue opere figurano in collezioni
private e nelle raccolte permanenti del CAMUSAC di Cassino, del Pio
Monte della misericordia di Napoli, del MACS di Santa Maria Capua
Vetere (CE) e del Museo MADRE di Napoli.
Ha pubblicato “CORPUS CARSICO.
Divisamento, Genesi di un’opera d’arte”(Edizioni Aurea) e
articoli per le riviste “Art a part of culture”, “Lobodilattice”
e “Starter”.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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