Il canto quinto dell'Inferno di Dante Alighieri si svolge nel secondo cerchio infernale (quello dei lussuriosi) e tratta quindi la pena del vizio de la lussuria dei più famosi gentili uomini dell'epoca.
Dante e Virgilio giungono nel secondo cerchio, più stretto e molto più doloroso, tanto che i dannati sono spinti a guaire (verso bestiale già citato per gli ignavi - III v.22).
Trovano Minosse che ringhia di rabbia: egli è il giudice infernale che giudica i dannati che gli si presentano al suo cospetto, attorcigliando la sua coda attorno al corpo tante volte quanti sono i cerchi che i dannati dovranno scendere per ricevere la loro punizione.
Minosse, scorgendo Dante, interrompe il suo compito e gli rivolge un avvertimento, mettendolo in guardia del fatto che sia facile entrare nell'Inferno, di diffidare da chi lo guida (un dannato, Virgilio) e che non lo inganni l'ampiezza della porta infernale (sembra voler dire: entrarvi è facile, ma uscirne no).
Virgilio allora prende subito la parola, come aveva già fatto con Caronte, lo ammonisce a non ostacolare.
L'attenzione di Dante viene attirata da due anime che si muovono in fila, ma che, al contrario delle altre, sono affiancate l'una all'altra e chiede a Virgilio di poter parlare con loro: questi acconsente e consiglia Dante di chieder loro di fermarsi quando il vento le porterà più vicino... ed ecco che inizia la storia:
Nessun commento:
Posta un commento