Fondazione
Ferrero
presenta
Soffiantino. Tra oggetto e indefinito
a
cura di Luca Beatrice, Michele Bramante, Adriano Olivieri
7
maggio 2022 - 30 giugno 2022
Fondazione Ferrero
Strada di
mezzo, 44 - Alba (CN)
Fossili, 1965, olio su tela, Gallarate, Museo MA*GA |
La Fondazione Ferrero di Alba presenta
da sabato 7 maggio a giovedì 30 giugno 2022 un nuovo progetto
espositivo dedicato al pittore e incisore torinese Giacomo
Soffiantino (1929-2013): Soffiantino. Tra oggetto e indefinito, a
cura di Luca Beatrice, Michele Bramante e Adriano Olivieri.
La
mostra, ideata dai curatori con un ritmo biografico e tematico,
costituisce la più ampia ed esaustiva ricognizione
storico-espositiva mai dedicata all’opera e alla vita di Giacomo
Soffiantino.
Il percorso espositivo si articola in sette
sezioni che ricostruiscono doviziosamente l'agire artistico di
Soffiantino attraverso una selezione di oltre 50 opere. Un percorso
in tappe che conduce il visitatore alla scoperta del lavoro
dell’artista a partire dagli esordi, caratterizzati da un approccio
aniconico-informale nutrito da influenze internazionali, passando poi
per la sensibilità "naturalistica" delle opere mature sino
agli esiti più recenti degli anni Dieci del Duemila.
«La
pittura di Soffiantino apre porte e le socchiude. Osserva il reale e
lo trasfigura. Offre domande e non dà risposte;» - spiega Luca
Beatrice - «mentre l’avanguardia del suo tempo si concentrava
sull’uscita dalla pittura, c’era chi continuava a sperimentare
soluzioni mai ovvie all’interno del supporto tradizionale.
Soffiantino è tra questi: la sua è una generazione di mezzo
dell’arte italiana che come tale ha bisogno di periodiche riletture
per non risultare schiacciata.»
Il primo capitolo della
mostra documenta il Soffiantino delle origini, dalle prime
partecipazioni a premi e mostre collettive come quella del 1957 alla
Galleria Il Milione a Milano, sino alla consacrazione del 1961,
avvenuta con l’importate personale organizzata da Luigi Carluccio
alla Galleria La Bussola di Torino.
Nato a Torino nel 1929,
Giacomo Soffiantino frequenta l’Accademia Albertina dove è allievo
di Francesco Menzio, celebre pittore torinese parte del gruppo dei
“Sei di Torino”, a loro volta formatisi presso la scuola di
pittura di Felice Casorati. Nel vivace ambiente artistico torinese,
Soffiantino definisce il proprio linguaggio al fianco di artisti a
lui coevi come Nino e Giuseppe Ajmone, Francesco Casorati, Mauro
Chessa, Mario Merz e Francesco Tabusso, con cui condivide le prime
esperienze espositive.
Il percorso prosegue con un
approfondimento sul rapporto tra Giacomo Soffiantino e Venezia,
documentando non solo la partecipazione a quattro Esposizioni
Internazionali d’Arte della Biennale tra 1956 e 1972, ma anche e
soprattutto la fondamentale personale del 1993 alle Prigioni Vecchie
di Palazzo Ducale.
«La materia delle prime opere
destinate alla Biennale di Venezia era ubertosa, carica, il segno
inciso e a tratti acuminato, nei modi tipici di quella diffusa
maniera che con il gesto aggrediva contorni e sostanze delle figure;
ma già si evidenziavano alcuni caratteri individuali che rimasero
inalterati per tutto il successivo evolversi della sua pittura, e che
perciò potevano rappresentare, fin da allora, i segni di una ricerca
indipendente e di uno slancio futuro senza compromessi: nessuna
concessione alla decorazione e alla facile seduzione del colore; una
gamma cromatica ristretta prevalentemente ai colori terrosi e ai
verdi limacciosi, oppure alle tonalità tenui, pallide e smorzate
dall'atmosfera diafana; il bianco e il nero puri come unici eventi
estremi di luce e ombra, entro i cui limiti al grigio veniva concessa
ogni possibilità di esistenza. Poco più tardi tutto confluì
definitivamente in una mite leggerezza poetica, accordata su una
gestualità sobria, dietro la quale si sente tuttavia vibrare una
costante concentrazione sulla vita, seria e spiritualmente tragica.»
chiarisce nel catalogo Michele Bramante.
Le due tappe
successive sono dedicate a due temi di assoluta centralità nella
ricerca di Giacomo Soffiantino, ovvero la natura e la luce.
Se
nelle fasi iniziali l’opera di Soffiantino può essere assimilata
alla corrente internazionale dell’arte informale, ciò che davvero
la contraddistingue è l’attenzione molto particolare rivolta alla
natura, che negli anni si trasforma in una tensione sempre più
consistente tra astrazione e figura. L’allestimento della sezione
rintraccia questo percorso evolutivo attraverso alcune opere
iconiche: dal primo lavoro, datato 1960 e intitolato Lo Scoglio, di
evidente ardore informale, si giunge al 1990 con l’opera Lago
nell’ombra, già esposta nella mostra alla Galleria Davico del
1991, curata da Giovanni Testori.
La luce, come già
evidenziato da Marco Valsecchi (Tre di nuova leva, 1957 «Tempo»), è
un problema a cui Soffiantino non smette mai di prestare attenzione.
L’artista ammira l’opera di maestri come Monet, Turner,
Rembrandt, considerato «il pittore eccezionale dell’ombra e della
luce», come riferisce a Maria Grazia Spadaro in una delle sue ultime
interviste, rilasciata nel 2010. L’Omaggio a Rembrandt (1966),
incluso in questa sezione, testimonia lo studio e l’ammirazione
verso l’opera del pittore olandese.
«In fragile equilibrio
tra esperienza sensoriale e percezione psichica, l’artista calibra
la sua boreale tavolozza in modo che le luci alimentino sì gli
oggetti di una stentata linfa ma ne congedino al contempo
l’acquiescenza vitale. In Soffiantino il tempo della pittura
ambisce a corrispondere al tempo vegetativo e biologico» – scrive
nel catalogo della mostra Adriano Olivieri - «per cui tanto la
pittura si avvicina al suo oggetto tanto se ne allontana
approfondendosi esistenzialmente in una vita che più s’afferma più
si logora. La luce/energia quindi crea la realtà ma nel contempo la
consuma, la leviga, la corrode. Risiede qui il senso delle sue
spoglie vegetali, minerali, dei suoi bucrani e conchiglie, testimoni
di un tempo trascorso che ha sostituito alla vita la pittura nel suo
materiarsi. Pittura che, in un rigurgito romantico, coincide con
l’esistenza tanto da spingersi alla cancellazione del soggetto
eroso da un tempo/pittura che non ne lascia che grovigli segnici e
orbite cave.»
Il capitolo della mostra chiamato “Esistenza” si concentra su alcuni soggetti ricorrenti nella pittura di Soffiantino riconducibili a tematiche esistenziali come la riflessione sulla vita e i suoi enigmi. Teschi, conchiglie, crani animali, corpi impagliati: oggetti che racchiudono sia le memorie del passato che il presentimento della sparizione. I segni che li attraversano sono vorticanti e spezzati come nel dipinto Alluvione (1995), dove si nasconde una figura cristologica spezzata a metà tra il fulgore luminoso e l’ombra terrena. Simboli che attingono valenze storiche e universali ricorrono nei quattro dipinti della serie degli anni Sessanta Musulmani: Olocausto. La composizione di queste opere evoca le immagini dei corpi ammassati nei campi di sterminio, scoperte con la caduta del nazismo. Nel titolo scelto per la serie, il termine “musulmano” si riferisce al vocabolo “muselmann”, che nella lingua franca dei campi di sterminio indica il raggiungimento di una condizione di sub-umanità.
Proseguendo lungo il percorso, ci si
addentra nell’analisi del segno che anima l’opera dell’artista
torinese: quella “Continuità” lineare che è cifra stilistica di
tutta la sua produzione. La linea ininterrotta che domina le
composizione di Soffiantino ha origine nella lezione offerta dal
maestro Francesco Menzio e si trasforma in un segno che non ha più
necessità di racchiudere la forma, né di limitarsi alla superficie
del supporto, unendo idealmente visibile e invisibile, umanità e
spirito.
Continuità è anche il titolo di un ciclo pittorico,
presentato nell’omonima mostra alla Galleria San Bernardo di Genova
nel 2003, e qui rappresentato da tre dipinti del 2001. Suggerendo
l’unità sostanziale tra i diversi regni dei viventi e
dell’inorganico, tra il femminile e il maschile, tra tutte le
polarità dell’esistente, le opere della serie si avvicinano a una
poetica simbolista.
Conclude il percorso espositivo
all’interno della Fondazione Ferrero la sezione “Epilogo” che
riunisce opere degli anni Duemila, periodo ricco di riconoscimenti
per l’artista, ma non privo di tensioni sperimentali ancora
riscontrabili all’interno della sua produzione. Giacomo Soffiantino
si spegne a Torino il 27 maggio 2013. Pochi giorni prima della
scomparsa stava lavorando a un dipinto dal titolo Leopardi che
idealmente chiude questa visita alla riscoperta della straordinaria
esperienza artistica del pittore e incisore torinese.
Una sezione
documentativa a compendio dell’esposizione presenta immagini
d’epoca, taccuini appartenuti all’artista, inviti alle mostre in
galleria e cataloghi storici.
La mostra Soffiantino. Tra
oggetto e indefinito a cura di Luca Beatrice, Michele Bramante,
Adriano Olivieri è accompagnata da un catalogo edito da Skira che
raccoglie i contributi critici dei tre curatori, gli interventi di
Carlotta Soffiantino, figlia dell’artista alla guida dell’Archivio
Soffiantino, e del critico d‘arte Marco Vallora, oltre a un’ampia
documentazione iconografica.
In occasione della mostra,
martedì 24 maggio il Circolo dei Lettori di Torino presenta alle ore
18.00 un dialogo aperto al pubblico dedicato a Giacomo Soffiantino e
alla mostra allestita presso gli spazi della Fondazione Ferrero.
INFORMAZIONI PRATICHE
Soffiantino.
Tra
oggetto e indefinito
a cura di Luca Beatrice, Michele Bramante,
Adriano Olivieri
dal 7 maggio al 30 giugno
Fondazione
Ferrero
Strada di mezzo, 44, 12051 Alba (Cuneo) Italia
Ingresso
gratuito
Ore 15.00 – 18.00
www.fondazioneferrero.it
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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