“NUGAE” è una raccolta poetica in cui sono inseriti in apertura 30 liriche inedite e i testi di una precedente silloge inedita, dal titolo “PORTAMI VENTO”, silloge non ancora pubblicata e che è stata premiata, tra le raccolte inedite, con menzione di merito il 1 dicembre 2019, presso il concorso internazionale di Poesia e Narrativa "Il Saggio-Città di Eboli”.
Il titolo “NUGAE” è stato utilizzato da grandi poeti del mondo classico, tra cui Catullo, Orazio e anche Petrarca, indicando con il termine composizioni letterarie “leggere”, a cui si dà o si dice di dare scarso peso. L’autrice, attraverso brevi flash, ha dato voce, invece, sia pure in modo velato e frammentario, alle emozioni che scaturiscono dal suo sentire interiore, emozioni non disgiunte dalle riflessioni sulla realtà, riflessioni espresse, salvo alcune eccezioni in merito alla lunghezza, in modo conciso. In “NUGAE”, sono in apertura “Le petit chose”, usando il titolo di un libro a lei caro di Alphonse Daudet, vale a dire testi brevi che offrono, in metro libero o con rima, poesie legate ad occasioni immediate, a stati d’animo diversificati a seconda del sentire dell’autrice; nel secondo gruppo, i sonetti, le liriche risultano composte con maggiore accuratezza formale; è presente la rima baciata o alternata, l’uso dell’endecasillabo, dell’enjambement, di metafore e di altre figure retoriche. Che cosa è la poesia se non la proiezione di un sogno possibile, della speranza? La poesia rappresenta l’animo di chi scrive, le sue fragilità. II “leitmotiv” della raccolta è dato dalla voce “rinascita” (vedi il testo “Resurrezione” posto alla fine della Sezione “I sentieri dell’anima”), una rinascita che scaturisce dalla consapevolezza di quello che si considera importante, degli obiettivi che si intendono perseguire, dall’accettazione di se stessi come esseri liberi, ma imperfetti, consci, in silenzio, dei propri limiti, ma con il forte desiderio di considerare auspicabile, nella società attuale, il rispetto sia per se stessi, sia verso gli altri. Rinascita, dunque, attraverso l’indipendenza, attraverso la libertà. L’autrice esprime ciò che si prova quando ci si sente soli, ma le mancanze non sono espresse direttamente: esse emergono in modo velato dalle espressioni dei sentimenti che mutano come muta la vita. L’iter interiore percorre talvolta sentieri consueti e talaltra si distacca, ma la difficoltà,- afferma Walter Benjamin in “ANGELUS NOVUS”, nel suo commento alla poesia di Charles Baudelaire,- è nel far apparire <“il nuovo nel sempre uguale e il sempre uguale nel nuovo”>, quindi, di <“esprimere sentimenti antichi con voce nuova”>. Così le ombre e le luci si alternano nelle liriche, le immagini colgono il loro vibrato soffermandosi su quello che lo sguardo percepisce nella visione di un cielo stellato o del mare o scoprendo nei cerchi dei ricordi aneliti di incompresa felicità. La natura è sempre lo sfondo su cui si sofferma l’espressione poetica, quasi culla ancestrale in cui una bimba si raggomitola alla ricerca di protezione, di candore. Tenerezza traspare in quel sentirsi sempre sul bordo di una soglia, su un bivio di vie, delle quali non si riesce a cogliere la giusta direzione, così la mente spazia su elementi diversi in modo frammentario. Il vero problema, tuttavia, al centro della cultura occidentale, - afferma il filosofo Vattimo - :<“È che il pensiero attuale è un pensiero debole”> che va superato <“attraverso la speranza e [...] la poesia come valore comunicativo”>. Tante sono le domande che il poeta e il filosofo possono porsi. Schietto mi sembra il quesito del filosofo Faucault:< Se devo confrontarmi con il pensiero “che nulla è vero”, come si può vivere>? E ancora - dice Emmanuel Kant - :<Pensare ci rende sensibili alle sfumature dei sentimenti e alle possibilità dell’immaginazione>. Da qui appare chiaro lo spaesamento della poesia e dei poeti che vengono definiti <“pastori delle parole”>, parole che - dice il poeta francese Renè Char - appaiono come “frammenti di meteore che cadono da un cielo sconosciuto”. <Quale sarà allora il fine ultimo del nostro agire>? E ancora: < Cosa rimarrà dei componimenti nei quali da millenni il poeta cerca di fissare le esperienze di vita>? Alla prima domanda si può rispondere con le parole: “purezza, innocenza, candore”, viste come una via di mezzo tra l’eternità e il niente, un “Nirvana” in cui l’immaginazione, il sogno restano sospesi o disattivati. Purezza nell’anima, dunque, e <“l’anima, - afferma Aristotele - è ciò per cui viviamo, sentiamo, ragioniamo”>. L’anima conosce tutte le gamme del sentire, il nostro giardino segreto, ed è proprio lì che sboccia la bellezza dell’essere, bellezza che, allorquando è parola, come sosteneva Ugo Foscolo, diventa <“espressione in versi capace di vincere di mille secoli il silenzio”>, ma di essa rimane solo un’eco, un barlume, un’illuminazione che non possono essere “né inseguiti, né afferrati” e, come per Euridice, scompaiono non appena li fissiamo negli occhi. In merito a:<“Che cosa rimarrà dei componimenti nei quali il poeta cerca di fissare le esperienze di vita”> si può ribadire che rimane la lotta per la vita con la parola sempre ribelle, restia a sottomettersi, sempre incline a dileguarsi, sempre incline a cogliere, attraverso le sue illuminazioni, le sue intuizioni, i barlumi dell’indicibile, per riflettersi nel significato originario del mito, nel dare forma all’informe o dare voce al silenzio, svelando gli anfratti sconosciuti del subconscio. Solo la parola poetica riesce a colmare il vuoto e solo la poesia può tentare di comprendere, attraverso l’intuizione, la realtà che ci circonda in poche parole. L’intuito capta a volo il senso delle cose, arde il fuoco del dubbio che non è verità, ma un mondo segreto che è dentro e fuori di noi. Una sola cosa - dice l’autrice - si sente di cogliere nelle sue liriche o nei suoi scritti, in modo netto, preciso ed è il suo amore per la vita, per la ricerca, il suo bisogno di perseguire degli obiettivi, anche se la direzione è apparsa e appare nebulosa. La ricerca è stata ed è per lei “linfa vitale” a cui far ricorso per crescere nella conoscenza, nell’acquisizione di certezze, sia dentro di lei, sia fuori di lei, certezze così difficili da riscoprire oggi. Conclude con una riflessione di Hermann Hess: <“L’amore non esiste per renderci felici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore”>, nel rimanere integri, con il rispetto, la dignità, la fiducia in noi stessi, l’educazione, il sorriso, la bontà, valori che nessuno può togliere, che apprezzano l’essere umano e che non dovrebbero mai essere dimenticati. Nudi si è senza questi valori.
Lidia Loguercio
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