"Chiunque può far parte della Storia. Solo un grand’uomo la può scrivere.” Con questa frase, lo scrittore Oscar Wild ha puntualizzato come l’arte di scrivere la storia appartenga a quei pochi che, avendola vissuta o studiata intensamente, sono in grado di narrarla in maniera esatta, coerente e, soprattutto, documentata.
L’Autore, già Presidente della
Sezione Carabinieri in congedo di Altavilla Silentina (SA), ha
vissuto per oltre quarant’anni nella comunità e per la comunità
altavillese. Per essa ha costituito, impersonando l’Autorità della
legge, un sicuro e costante punto di riferimento, divenendo parte
integrante della Storia della comunità che ha servito.
Questi i
motivi per i quali sono particolarmente lieto di intervenire in
questa iniziativa di uno dei protagonisti della vita altavillese
degli ultimi decenni e di un sodalizio che, come recita l’art.2
dello Statuto, ha lo scopo di promuovere e cementare i vincoli di
cameratismo e di solidarietà fra i militari in congedo e quelli in
servizio dell’Arma, e fra essi e gli appartenenti alle altre forze
armate ed alle rispettive associazioni; tener vivo fra i soci il
sentimento di devozione alla Patria, lo spirito di corpo, il culto
delle gloriose tradizioni dell’Arma e la memoria dei suoi eroici
caduti; realizzare, nei limiti delle possibilità, l’assistenza
morale, culturale, creativa, ricreativa ed economica a favore degli
iscritti e delle loro famiglie.
Questo lavoro narra, in
particolare, la storia ventennale di un’articolazione territoriale
dell’Associazione Nazionale Carabinieri, quella di Altavilla
Silentina, fondata dall’autore che ne fu Presidente per ben dieci
anni, animandone le iniziative e la presenza sul territorio. Narra
del mai sopito senso di appartenenza all’Istituzione di un
grand’uomo, per dirla con Oscar Wild, che ha donato la vita ad una
grande Istituzione, della quale ha incarnato i valori che vivono in
lui dal momento in cui, giovanissimo, indossò per la prima volta
l’uniforme da Carabiniere.
Conosco il Sottotenente D’Errico da
quando indossavo i pantaloni corti, come affettuosamente mi ricorda
nei nostri sempre più rari, ma piacevolissimi incontri. Avevo poco
meno di sei anni, quando vidi per la prima volta l’allora
Brigadiere D’Errico. Mi colpì la sua figura, quell’uniforme
indossata con una sobria eleganza, quell’incedere autorevole,
signorile nel tratto e dall’espressione ferma e determinata. Il
Brigadiere era l’Autorità dello Stato per quei contadini che, in
un giugno più caldo del solito, erano intenti a trebbiare il grano.
Io ero lì a curiosare, a cercare di capire come le foglie di
granturco potessero trasformarsi in mais passando attraverso una
macchina rumorosissima, la trebbia. Il Brigadiere, accompagnato da un
carabiniere a bordo di un Fiat 900, vide queste persone che si davano
da fare e si fermò, notandomi. Uno degli operai gli spiegò chi
fossi e lui esclamò “Ah, il figlio del poliziotto…! E tu… che
vuoi fare da grande?”. Non ricordo quale fu la risposta alla
domanda che però è tuttora impressa nella mia mente, insieme alla
figura statuaria di quell’uniforme con la fiamma argentata sul
berretto. Risposi con i fatti, più di dieci anni dopo, varcando il
portone dell’Accademia Militare e avviandomi ad indossare quegli
alamari che ornavano la sua uniforme.
La profonda stima che nutro nei suoi
confronti è conseguenza del suo modo di essere Carabiniere. Chi è
stato carabiniere, di ogni grado, deve essere tale per tutta la vita
è l’insegnamento che l’Autore ci affida in queste pagine. La sua
personalità è stata totalmente plasmata dall’Istituzione che ha
servito per quasi mezzo secolo e alla quale è rimasto legato, come
Presidente della Sezione Carabinieri in congedo di una delle località
nelle quali ha svolto servizio attivo. Questo modo di interpretare il
proprio ruolo, in servizio ed in congedo, lo rende perenne testimone
di un’identità inconfondibile, densa di valori non solo militari,
quale è quella del Carabiniere.
A questa identità D’Errico
ha dato e dà costante testimonianza attraverso il suo operare. In
servizio e al servizio della comunità altavillese che ha servito da
tutore della legge e poi da Presidente di un sodalizio che è
interprete di tale identità. Il Carabiniere, come disse il Generale
Carlo Alberto Dalla Chiesa, ha gli alamari cuciti sulla pelle. Mai
affermazione ha così esplicitamente descritto il modo di essere
Carabiniere, di chi serve e ha servito per una vita nell’Arma, per
l’Arma e, quindi, per il prossimo, per la collettività.
La sua
figura, insieme a molte altre -superiori, colleghi, collaboratori-
che ho avuto la fortuna di incontrare nel corso della mia carriera,
mi hanno indicato la via da seguire, con l’esempio e con quel modo
di essere Carabiniere che mi ha condotto, ormai dopo quasi
quarant’anni, in ruoli apicali dell’Istituzione. È a loro che
devo questi traguardi, a chi, come il Sottotenente D’Errico, ha
saputo insegnare ai più giovani, con l’Esempio dei propri
comportamenti, come diventare grandi e, attraverso noi, far crescere
e prosperare la nostra beneamata Istituzione.
La storia della
Sezione Carabinieri in congedo di Altavilla Silentina è quindi un
ulteriore, importante tassello della storia della comunità
altavillese. È la storia di un uomo che l’ha servita e ha
contribuito, nella sua dimensione territoriale, a identificare
un’immagine dell’Arma vicina alla gente, comprensiva ma mai
accomodante, concreta e mai evanescente, flessibile ma mai
incerta.
Attraverso figure come queste l’Arma può e potrà
mantenere inalterata la sua autorevolezza e la sua affidabilità
istituzionale. Da oltre duecento anni l’operato silenzioso, fatto
di sacrifici personali e familiari, dei Carabinieri di ogni ordine e
grado, nelle città, nelle contrade e nelle campagne più sperdute,
non solo sul territorio nazionale, costituisce la via maestra da
seguire.
Fra i molti che tale via ci hanno indicato e che hanno
contribuito a mantenere vive le virtù e i valori fondamentali, vi è
il Sottotenente D’Errico, insieme a tutti i componenti
dell’Associazione Nazionale Carabinieri. Tutti loro, pur
rappresentando il passato, hanno scritto pagine di storia dell’Arma,
sulla quale l’Istituzione ha costruito e continuerà a costruire il
proprio futuro, nel perenne ricordo di chi questa storia l’ha
scritta con il sacrificio supremo della vita.
Gen. Brig. CC Gerardo Iorio
E' un libro che va conservato quale documento storico dell'area della Piana del Sele
RispondiElimina