Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei
presentano
Victoria Lomasko
The Last Soviet Artist
a cura di Elettra Stamboulis
Museo di Santa Giulia, Brescia
11 novembre 2022 - 8 gennaio 2023
Victoria Lomasko, The Last Soviet Artist. Courtesy Fondazione Brescia Musei. Ph. Alberto Mancini
Brescia, 11 novembre 2022 - Il Comune di Brescia, la Fondazione Brescia Musei e il Festival della pace presentano per la prima volta in Italia l’artista dissidente russa Victoria Lomasko, con la mostra personale Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist, a cura di Elettra Stamboulis, da venerdì 11 novembre 2022 sino a domenica 8 gennaio 2023 negli spazi espositivi del Museo di Santa Giulia a Brescia.
La mostra, presentata nell'ambito del Festival della Pace di Brescia, rappresenta il terzo atto della ricerca, curata da Elettra Stamboulis, intrapresa da Fondazione Brescia Musei nel 2019 con la mostra di Zehra Doğan Avremo anche giorni migliori. Opere dalle carceri turche, e proseguita nel 2021 con la personale di Badiucao La Cina non è vicina. Opere di un artista dissidente.
L’esposizione presenta una vasta produzione dell'artista russa con un percorso ideato specificatamente per gli spazi di Brescia. L’artista ha infatti realizzato lavori site-specific durante la sua residenza in città: 5 Steps, cinque monumentali pannelli ideati e realizzati ad hoc negli atelier del complesso museale di Santa Giulia, nei due mesi mese in cui è stata ospite in residenza presso la Fondazione Brescia Musei. Un aspetto, questo, che caratterizza fortemente la mostra – come lo stesso ciclo “arte contemporanea e diritti umani” curato dall’ente culturale bresciano – che non può che essere essa stessa una vera e propria creazione d’artista. In questo senso, infatti, l’artista ha avuto anche parte nel design dell’allestimento del percorso espositivo.
La ricerca artistica di Lomasko permette di ricostruire in modo minuzioso la storia sociale e politica della Russia dal 2011 a oggi: dalle manifestazioni anti Putin che l'artista ha disegnato dal vivo con un tratto originale e immediatamente riconoscibile, alle rappresentazioni della "profonda Russia", quella dei dimenticati e marginali, che da sempre costituiscono i suoi soggetti preferiti.
The Last Soviet Artist è una mostra che permette di entrare in una geografia nascosta del paese più esteso del mondo, la Russia. Victoria Lomasko è una artista che nel periodo putiniano ha sfidato innanzitutto l'estetica imperante dell'arte contemporanea, ponendosi nel pieno della tradizione realista, anche se con un tratto personalissimo e sintetico, mentre la reazione al passato concluso vedeva la scena rivolgersi esclusivamente ad un’arte rarefatta e concettuale, che ovviamente non minava il potere.
La sua cartografia del reale è frutto di un lavoro diretto, senza mediazioni, in cui il corpo è protagonista assoluto: i suoi reportage sono realizzati davanti alle persone ritratte, durante le manifestazioni antigovernative, durante la breve primavera bielorussa, innanzi ai giovanissimi prigionieri del carcere minorile di Mosca.
Dagli anni '10, attraverso le rivolte, i cambiamenti e le mutazioni di un potere sempre più autoritario, nella mostra si percorre la storia più recente della Russia, attraverso un atlante di volti sconosciuto, quello degli ultimi, degli indesiderati, di coloro che vivono nelle immense periferie dell'impero.
Elettra Stamboulis, curatrice
Lomasko è nata a Serpukhov, a 99 km a sud di Mosca, nel 1978. Il padre, operaio metalmeccanico di questa cittadina interamente dedita alla produzione industriale, agiva come artista provocatore in segreto, e forse questa tradizione di famiglia l'ha spinta ad operare sempre con uno sguardo fortemente impegnato e anticonformista.
Diplomatasi all'Università statale di Mosca in Arti Grafiche nel 2003, Lomasko intraprende da subito una strada non confortevole che mette insieme osservazione e azione, disegno documentario e performance, attivismo e impegno personale inteso come corpo dell'artista che non sfugge all'essere parte di un gruppo. Questo aspetto caratterizza in modo trasversale la biografia artistica di Lomasko che da marzo 2022 vive in Europa, dopo aver tentato fino all'ultimo di rimanere nel proprio paese per non interrompere il proprio ruolo di testimone. L’artista infatti fa parte di un movimento globale che utilizza il disegno come strumento di resistenza e cronaca.
La scelta di Fondazione Brescia Musei di mostrare il lavoro che cartografa dal 2005 gli ultimi, i ribelli, i marginali di quell'immenso e complesso paese che è la Russia, risale a prima dell'avvio del conflitto con l'Ucraina. L'attacco, dello scorso mese di febbraio, ha reso ancor più urgente la narrazione visiva di Lomasko.
È molto importante per la Fondazione Brescia Musei sottolineare che la ricerca degli artisti che sono stati protagonisti di questa trilogia dedicata al rapporto tra arte contemporanea e diritti non è guidata dalle priorità di natura geopolitica, ma è assolutamente tesa alla scoperta di nuovi artisti, attivi interpreti della società del proprio tempo, situati nel proprio spazio. Il ruolo del Museo di Santa Giulia, e di tutti i musei, dovrebbe essere quello di dare voce all’arte contemporanea, specie quando la poetica degli artisti da espressione individuale diviene tensione collettiva.
Stefano Karadjov, Direttore Fondazione Brescia Musei
La mostra è accompagnata da un prezioso catalogo edito da Skira, che con questo lavoro pubblica per la prima volta in italiano Victoria Lomasko. A novembre l’artista è inoltre protagonista di due fondamentali incontri organizzati in collaborazione con la Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura di Brescia e con l’associazione Memorial-Italia, premio Nobel per la pace 2022: sabato 12 novembre, alle ore 16, la presentazione della graphic novel Other Russias, scritta e disegnata dalla Lomasko stessa (presso la White room del Museo di Santa Giulia) e martedì 15 novembre alle ore 18 un incontro sui temi dei diritti e della democrazia della Russia di oggi, con la partecipazione di Marcello Flores, Elena Zafesova, Carolina De Stefano, Anton Dolinil (presso l’Auditorium del Museo di Santa Giulia).
IL PERCORSO ESPOSITIVO
La mostra ripercorre l'operato dell'artista e scrittrice russa Victoria Lomasko. Suddivisa in cinque tematiche e non in ordine cronologico, The Last Soviet Artist si apre con un sipario, entro cui il visitatore è invitato a entrare, e termina con una installazione realizzata appositamente per il Museo di Santa Giulia.
Frozen Poetry, la prima sezione in apertura del percorso, fa parte di quella tipologia di lavori che avvicina l'artista al realismo magico o al realismo sociale di David Siqueiros, senza però la militanza visiva esplicita.
Poesia congelata, che mette su larga scala un pensiero analitico e acuto e che permette di ripercorre e visualizzare le trasformazioni artistiche, sociali e intellettuali del paese di Lomasko. Partendo dall’opera Snowdrop Generation, che in un colpo d'occhio analizza l'istanza veramente innovativa e rivoluzionaria degli artisti degli anni '10 traditi poi dalla politica successiva, i lavori di questa sezione passano attraverso la mediazione e la resilienza degli artisti come il padre di Lomasko che hanno dovuto disegnare per il regime sovietico pur essendone lontani, fino alla nuova generazione, che disegna e testimonia le manifestazioni immaginando quello che verrà.
La seconda sezione, Drawing Diary, è caratterizzata dal tema generazionale. In Butterflies Aflutter l'artista si rappresenta come una farfalla caduta tra i monumenti che rappresentano la retorica nazionalista e bellicista del suo paese; Undewater activist ricorda che la dissidenza è fatta anche da parole dette sottovoce, che sembrano appartenere a poche persone, ma che allo stesso tempo sono in grado di resistere anche alle orche. La metafora sottomarina ritorna anche in Under Water, in cui immaginari pesci tropicali convivono con la solitudine di chi non smette di issare bandiera bianca, consapevoli che quella è la vera arma del coraggio. Il trittico Garden of Generation, in cui la presenza vegetale che sempre accompagna la visionarietà dell'artista si coniuga alla sintesi sociologica a partire dall'immagine che fa da guida anche della mostra, rappresenta l'artista al centro, un vecchio nostalgico a sinistra e una donna neo ortodossa a destra che emergono dalla stessa pianta.
Con l'effetto straniante tipico del teatro, nella terza sezione intitolata Changing of Seasons una parete si trasforma in un enorme murales, realizzato a Bruxelles subito dopo il forzato esilio dell'artista a seguito dell'avvio della guerra. L’opera rappresenta sicuramente una delle opere più toccanti e strazianti del percorso, dove la capacità dell’artista di creare mondi possibili viene messa in risalto. I monumenti sono ormai trasformati in soggetti che operano senza nessuna pietà, continuando a sferrare la spada anche acefali. L'identità delle persone che popolano l’opera, ma anche della natura, assume toni drammatici e disperati, mentre le voci di dissidenza creano ombre che li rendono deformi. L'unico atto permesso a chi ha il dovere di rappresentare quanto sta succedendo, è quello di posizionare il lenzuolo sul corpo delle vittime di Bucha.
La quarta sezione Graphic Reportages racconta come la Russia sia arrivata a questo punto, riportando il visitatore alla cifra più narrativa del percorso artistico della Lomasko.
L’opera Forbidden Art, lavoro edito in russo e poi tradotto in molte lingue, riprende inizialmente le fasi di un famoso processo tenutosi nel 2008 a danno dei curatori di una mostra d'arte indipendente, accusati di vilipendio alla religione, e arrivando a rappresentare le manifestazioni avvenute nel 2021 durante il lockdown, quando il paese era stato tagliato fuori da ogni contatto con il resto del mondo. In quest’opera si possono ripercorrere i vari passaggi sociali e politici della storia del paese, ma anche conoscere gli attori nascosti, scoprendo i volti della gente comune che non potremo mai incontrare, che fanno parte della nuova Russia, quella ininterrottamente putiniana che è l'unica che ha fatto da panorama alla vita di adulta di Lomasko.
Di enorme importanza sono i lavori facenti parte della serie Juvenile Prison, che testimoniano la realtà carceraria minorile della capitale e la cronaca della Resistenza che si è finita per dimenticare. La piazza composta dai manifestanti non ha mai smesso di essere attiva: una piazza multiforme che nello spazio pubblico ha unito le Pussy Riot e il movimento LGBTQ+ con le signore ortodosse del vecchio calendario, stanche dei soprusi del potere. Nella serie viene anche raccontata la complessa realtà delle donne: le lavoratrici di strada, le lavoratrici dei locali, le lavoratrici per gli altri, le lavoratrici disilluse che tengono in piedi questo immenso paese e che da sempre catalizzano lo sguardo indagatore e femminista dell’artista. Lomasko racconta le loro storie con rispetto, senza forzare la loro voce, dando a ciascuna il proprio spazio senza censure o edulcorazioni.
Nella stessa sezione, l’artista trasporta il visitatore in un lungo viaggio nelle Repubbliche ex Sovietiche, luoghi complessi e affascinanti: nel Daghestan, la più grande regione del Caucaso settentrionale, dove in un piccolo lembo di terra si sono insediati più gruppi etnici che persone e dove si parla 34 lingue diverse con il russo come lingua franca sconosciuta a molti; nell’Inguscezia, ubicata nella zona caucasica, luogo incastonato tra la Georgia, l'Ossezia e la Cecenia, con una popolazione di mezzo milione, e dove sono presenti, oltre agli ingusci, altri 78 gruppi etnici. Da questa indagine emerge sia il ruolo imperialista di Mosca, che non è caratteristica solo della storia del secolo scorso, sia come la guerra in Cecenia resta una ferita tuttora aperta. L’artista desidera portare il visitatore entriamo nelle geografie dei volti e dei pensieri di tutti quei mondi che per molte persone sono solo nomi sul mappamondo: Bishkek, Yerevan, Tblisi, Osh, Minsk.
Nel 2021, durante il lungo anno in cui le frontiere rimangono chiuse, i cittadini russi si trovano ad essere soli. Questa solitudine ha portato a un ritorno delle fibrillazioni in piazza: in questa sezione troviamo molti lavori che parlano delle varie manifestazioni che si sono susseguite negli ultimi anni, a partire da quelle per richiedere la liberazione di Navalny. In 198 città contemporaneamente i cittadini sentirono il bisogno di protestare. Gli interventi della polizia sono stati immediati. Le proteste si svolgono a temperature siberiane, eppure non sembrano fermare l'entusiasmo che vede Lomasko disegnare in diretta i partecipanti, senza filtri e senza giudizio.
A ogni nuova protesta si riempiono le prigioni. Infine, la battaglia generazionale, come l'ha definita l'artista, è stata spostata su un altro campo. Mosca diventa un'isola, forse metropolitana, ma pur sempre isolata e come sospesa nel vuoto.
La vertigine diventa panico nei giorni dopo l'avvio della guerra: così la fuga, con lo stigma dell'appartenere al passaporto degli aggressori. A partire da questa sua personale esperienza, Lomasko presenta nell'ultima omonima sezione della mostra Five Steps, una sorta di preghiera sul senso dell'esilio, sull'isolamento, sulla solitudine, sulla ferita della fuga, ma anche sulla profonda fiducia nell'idea di umanità che ci accomuna e che è in grado di attraversare i confini. Cinque stazioni realizzate appositamente per Brescia che hanno visto l'artista impegnata per oltre un mese a tempo pieno nella realizzazione.
Al termine del percorso è possibile vedere The Last Soviet Artist, film-documentario a lei dedicato e realizzato dal regista e musicista inglese Geraint Rhys, sottotitolato per l'occasione.
VICTORIA LOMASKO
Considerata dalla critica e dalla stampa anglosassone come la più importante artista sociale grafica russa, Lomasko è sostanzialmente ancora sconosciuta al pubblico italiano, anche se i suoi libri sono stati da tempo tradotti in inglese, tedesco, francese e spagnolo. La graphic novel Other Russias ha vinto una menzione speciale al Pushkin House Book Prize nel 2018, anche se il libro non è mai stato pubblicato in Russia e è stata recentemente insignita del premio PEN Catalan Veu Libre. Su di lei è stato realizzato un documentario, The Last Soviet Artist diretto dal musicista e compositore Geraint Rhys ed è stata intervistata ripetutamente dai media internazionali. Le sue opere sono state esposte al museo Reina Sofia di Madrid, che ha acquisito parte dell'archivio, a Basilea, a Londra ed è al momento ospite di Documenta a Kassel.
Con questo nuovo progetto Fondazione Brescia Musei prosegue il format espositivo dedicato alla narrazione del contemporaneo attraverso l’arte, in un dialogo col quale vengono interpretati i più significativi fenomeni storici attuali. Le mostre di Zehra Doğan e di Badiucao hanno riscontrato un grande successo di pubblico con oltre 50.000 accessi, confermando il Museo di Santa Giulia come sede di scoperta di grandi artisti internazionali inediti nel nostro Paese e polo dell’arte dissidente. L’arte contemporanea e diritti umani trovano in questa articolata iniziativa un punto di sintesi nella rivelazione di artisti dissidenti e attivisti, per lo più inediti in Occidente.
Francesca Bazoli, Presidente Fondazione Brescia Musei
La libertà di espressione è la condizione preliminare per la democrazia e la pace duratura. Il Festival della Pace, grazie agli spunti offerti dal linguaggio artistico, offre l’opportunità di riflettere su tematiche fondamentali come la tutela dei diritti umani e le nuove forme di dissidenza e di rivolta nonviolenta ai regimi illiberali. È responsabilità di ogni istituzione democratica dare voce, spazio e riconoscimento a chi con coraggio utilizza gli strumenti a propria disposizione per denunciare la violazione di diritti fondamentali, anche a costo di perdere la propria libertà. Una responsabilità alla quale le nostre istituzioni hanno deciso di non sottrarsi.
Roberto Cammarata, Presidente del Consiglio del Comune di Brescia
Gli appuntamenti del 12 e del 15 novembre collegati alla mostra sono stati proposti dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura e da Memorial Italia alla Fondazione Brescia Musei al fine di approfondire criticamente gli spunti che emergono dalle straordinarie opere di Victoria Lomasko, soprattutto sul versante delle violazioni dei diritti umani che purtroppo accomunano il regime di Putin al periodo sovietico.
Filippo Perrini, Presidente Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura
L’arte contemporanea vive sempre di un fortissimo rapporto con il proprio tempo. Questo rapporto acquisisce talvolta, con esiti sorprendenti, la forma di un vero e proprio urlo per la libertà, per richiamare l’attenzione dei pubblici sui temi della libertà, del pluralismo delle espressioni e della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo. È il caso degli artisti che Brescia ha ospitato in questi anni, in un fenomenale ciclo di mostre contemporanee che hanno fortemente voluto dare spazio e voce ad artisti altrove imbavagliati quando non addirittura perseguiti. Per il Comune di Brescia e per la Fondazione questi artisti sono prima di tutto uomini e donne che con le loro parole, segni e azioni testimoniano un cammino progressivo dell’umanità nella direzione di maggiori diritti e maggiore comprensione delle differenze. È anche per tali ragioni che la nostra città ha pienamente il diritto di definirsi già da ora Capitale della Cultura, una cultura democratica e libera.
Laura Castelletti, Vice Sindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Brescia
Dal 2019 l’amministrazione comunale sostiene con grande convinzione il felice connubio tra cultura e impegno per i diritti civili, dando spazio e voce ad artisti come Zehra Doğan, Badiucao e adesso Victoria Lomasko. Siamo sempre più convinti che l’arte rappresenti uno straordinario strumento per tracciare una rotta verso una società migliore, riflettendo sulla condizione umana. La mostra Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist ci offre, ancora una volta, l’opportunità di approfondire tematiche cruciali per il nostro tempo attraverso lo sguardo profondo e profetico dell’arte.
Emilio Del Bono, Sindaco di Brescia
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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