domenica 12 febbraio 2023

DE ARCHITECTURA di BARBARA LA RAGIONE

 


Venerdì 24 febbraio 2023, dalle ore 17.00 presso Movimento Aperto, via Duomo 290/C a Napoli, si inaugura la mostra dal titolo DE ARCHITECTURA di BARBARA LA RAGIONE, introdotta dal testo di MARIO FRANCO, intitolato: ESPRESSIONISTICHE MACCHINE CELIBI. Resterà aperta i lunedì e i martedì, ore 17.00-19.00, i giovedì ore 10.30-12.30, fino a venerdì 17 Marzo.

In mostra saranno esposte una serie di fotografie in bianco e nero che l’artista realizza costruendo i soggetti stessi delle pose, che fotografa in analogico e stampa in camera oscura, e, in alcuni casi, taglia e rimonta le stesse fotografie realizzate. L’installazione delle opere prevede su di una parete, dieci fotografie in cornici 60x50 cm e di fronte, un’installazione di fotografie a collage in cornici 50x40cm e visori su colonnine con diapositive in bianco e nero. Sulla parete d’ingresso trova posto il testo critico di Mario Franco e fotografie che illustrano le tappe del lavoro di Barbara La Ragione, introducendo il visitatore ad un singolare, personalissimo Modus operandi.

Scrive a tale proposito Mario Franco: “Barbara La Ragione in quell'agglomerato di sali d'argento (lavorando esclusivamente in analogico) prova a costituire l'autonomia del significante, in quella sospensione dell’identità che pensa le immagini come la continuazione del pensiero con altri mezzi. Il bagno chimico, la fotografia che diventa collage e poi di nuovo fotografia è lo strumento creativo, la “tecnica” che consente a Barbara di dare forma non solo all’intervento sul corpo-immagine, ma anche all’arte come relazione e analisi sociale, antropologica e politica.” Il lavoro di Barbara è dunque tutto analogico: una realtà costruita e fotografata in bianco e nero, fotografie da lei stessa sviluppate in camera oscura. Una modalità che riconduce alla fotografia sperimentale ed alla tradizione dell’avanguardia storica.” Per Barbara La Ragione, l'architettura è il linguaggio stesso della fotografia nel suo significato “alto”, che deve identificarsi non con il logos ma col mithos. E per mito va inteso qui non tanto una narrazione, quanto una possibile opzione per il superamento dl un codice linguistico articolato che rimane quantomeno legato al simbolico, ma quello di un’apprensione visiva che vuol eccedere non i corpi, ma il corpo stesso del reale. Un’estensione del corpo bidimensionale che si orna e si fonde in una estensione da “macchina celibe”, dove il volto affonda in una sorta di copricapo o di apparato che espande il corpo in un nuovo individuo che ricorda e assomiglia alla concezione heideggeriana che vede la tecnologia come ultimo colpo di coda di una metafisica che non poteva che sfociare e assestarsi in un’epoca di nichilismo come quella attuale, dove la posta in gioco è nientemeno che l’umano.” Con queste parole Mario Franco introduce al senso della mostra.


Barbara La Ragione insegna oggi Grafica d’arte presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, fotografa dal 1997.

 


 

ESPRESSIONISTICHE MACCHINE CELIBI


Per Barbara La Ragione, l'architettura è il linguaggio stesso della fotografia nel suo significato “alto”, che deve identificarsi non con il logos ma col mithos. E per mito va inteso qui non tanto una narrazione, quanto una possibile opzione per il superamento dl un codice linguistico articolato che rimane quantomeno legato al simbolico, ma quello di un’apprensione visiva che vuol eccedere non i corpi, ma il corpo stesso del reale. Un’estensione del corpo bidimensionale che si orna e si fonde in una estensione da “macchina celibe”, dove il volto affonda in una sorta di copricapo o di apparato che espande il corpo in un nuovo individuo che ricorda e assomiglia alla concezione heideggeriana che vede la tecnologia come ultimo colpo di coda di una metafisica che non poteva che sfociare e assestarsi in un’epoca di nichilismo come quella attuale, dove la posta in gioco è nientemeno che l’umano. Ma per La Ragione non parleremo di “post-human”, di ultracorpi, trasmutazioni, manipolazioni genetiche ecc., ma cercheremo di vedere ciò che “non è possibile vedere”, un impegno, questo, che Barbara si era prefissato fin dagli esordi del suo lavoro artistico e che ci immette immediatamente in un’atmosfera non distopica ma congelata in un tempo e in un luogo che Artaud prima e Deleuze poi hanno definito come “corpo senza organi”.

Ricordi di strutture precolombiane o di immagini derivate dall’espressionismo cinematografico tedesco modellano queste “macchine”. E qui entra in campo ciò che di solito rimane fuori campo, il “voler far vedere ciò che non si può vedere”, o secondo Paul Klee, “non rendere il visibile, ma rendere visibile”: l’ossessione di lacerare il velo di Maia, lo schermo che separa la realtà dalla sua rappresentazione. Barbara La Ragione in quell'agglomerato di sali d'argento (lavorando esclusivamente in analogico) prova a costituire l'autonomia del significante, in quella sospensione dell’identità che pensa le immagini come la continuazione del pensiero con altri mezzi. Il bagno chimico, la fotografia che diventa collage e poi di nuovo fotografia è lo strumento creativo, la “tecnica” che consente a Barbara di dare forma non solo all’intervento sul corpo-immagine, ma anche all’arte come relazione e analisi sociale, antropologica e politica.

MARIO FRANCO

 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

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