Un libro deve essere vento e aprire le tende dell’animo umano…
Scrivere è un lavoro complesso e duro, ma è affascinante muoversi nel territorio inesplorato della propria anima. Quello della scrittura è un dono grandioso che ha un potere illimitato, se solo si concede al talento l’opportunità di trasformare una serie di pensieri in pagine. Un processo alchemico prodigioso, travolgente, che può addirittura confondere o sconcertare. Entrare in contatto con il nostro spazio interiore, vivere le stanze più profonde dove possiamo trascorrere un po’ di tempo con noi stessi, in meditazione e introspezione, significa far respirare le parole più segrete. L’uomo che riflette, non è altro che il suo silenzioso deserto, ma anche la sua resurrezione.
Richmond è un autore contemporaneo, che incontra la lettura, la poesia, la scrittura quando paradossalmente ha perso la propria libertà. Ho conosciuto Goodman qualche anno fa, quando ha accettato il mio invito ad intraprendere un progetto di poesia che lo avrebbe portato ad importanti riconoscimenti.
Questa è la sua opera più significativa, In un attimo, un saggio autobiografico, un viaggio in un passato tumultuoso, sempre presente, da cui emergono i ricordi di un incessante vagare nell’errore. Le immagini irrompono forti e nitide ad ogni passo, sigillandosi in emozioni e rendendo il protagonista consapevole di come la strada percorsa non sia solo oblio, ma anche un percorso meditativo di crescita interiore che lo conduce, lentamente, a riscoprire gli angoli più nascosti della sua anima. Anche la falange che vibra le corde di un’arpa spezzata, può intonare melodie che hanno il sapore della speranza. Forse la curiosità, la solitudine, le amicizie sbagliate, i problemi familiari o personali: comunque, uno o più fattori spingono una persona ad avvicinarsi a quell’inferno da cui è molto difficile uscire. L’incipit è dato da riflessioni pregne di amarezza e del senso di ogni fatale destino che conduce, infine, alla ricerca di una vita che sia più vera ed onesta. Nella voce dell’autore, trovano posto le vicissitudini di un tempo, attraverso il dispiegarsi di momenti e tappe che in qualche modo richiamano la colpa della propria debolezza.
Goodman vive all’ombra di una pineta, dove non c’era il tempo per pensare al futuro, si viveva l’attimo, come se la fine fosse alla porta… Si fa guidare dall’istinto e ritrova sé stesso soltanto in una libertà che si realizza quando il tempo e la sofferenza all’unisono manifestano la loro forza determinando un rivolgimento spirituale.
E riscopre il legame con la vita proprio nel respiro ormai svanito della sua amica, nella disperazione del momento, nella riscoperta della fede, nel perdono di chi l’ha reso “parzialmente paralizzato”, nell’attenzione e nella consapevolezza che dobbiamo porre nelle scelte che facciamo in tutti i momenti della nostra vita. Il pentimento, ripetuto quasi come fosse un rito, è il nesso con la realtà e con il momento attuale, l’attimo in cui la sua coscienza confluisce nel mondo.
La sua memoria elabora ricordi scanditi attraverso un ritmo semplice, una sintassi per così dire della riflessione, un ritmo capace di svelare ogni intimo sussulto. Nel titolo del libro, un chiaro riferimento alla possibilità che In un attimo gli eventi possano cambiare per sempre la nostra vita…
Il libro si congeda dal lettore con una lettera che Goodman indirizza al nipote, in un accorato monito a ritrovare il sentiero giusto della vita, a “riprendere gli studi, perché l’istruzione è la miglior arma per sopravvivere; e poi, studiare non è così difficile, anche perché nella vita non è facile niente e, soprattutto, gli studi ti preparano per il futuro e per una vita migliore”. Ora, l’autore desidera soltanto ricucire i pezzettini di una vita vissuta in maniera talmente sbagliata, ripulire la sua immagine e costruire una vita degna di un essere umano.
Prof.ssa Carmen Figundio
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