lunedì 27 marzo 2023

L’amore nel giardino delle Esperidi di Lidia Loguercio



I libri che si scrivono, asserisce nell’esordio la voce narrante, riflettono sempre, in modo velato o palese, tracce o di ciò che si è perduto o di ciò che si avrebbe voluto per sé o per gli altri: fluide, le parole create dall’immaginazione, rimandano talora anche a un sogno che si vorrebbe realizzare.

L’AMORE NEL GIARDINO DELL’ESPERIDI”, romanzo/ saggio sull’immortalità, vuole essere espressione di un desiderio di vita, se non eterno, possibile almeno come speranza nella sfera della scrittura, utopica forse, a volte, nella ricerca dell’impossibile che caratterizza il vivere, in quel sentire immortale che è nel cuore, in quella fiamma di vita che arde nell’aria e si erge come piuma o come colonna atta a fermare l’istante del tempo. Non un viaggio terreno, né di mare, come quello di Ulisse, fatto per seguire “virtute e canoscenza” di dantesca memoria ma, come ricerca nata dal desiderio di un uomo chiamato Raul, di fermare il tempo nel periodo più bello della vita, cioè verso i quaranta anni. Laureato in Chimica, specializzato in Enologia, il protagonista è ricercatore all’Università in Scienze Biologiche, ama il mare, la natura, l’arte e i fiori: appassionato di ciò che è bello ed esotico, inizia un viaggio nella ricerca dell’invisibile, di quell’ “Essenza” impalpabile detta “Psiche” o “anima”. Si delinea nei vari capitoli, in concomitanza con tracce della sua vita, partendo dalla Grecia, l’origine del termine “anima” e la sua interpretazione nel tempo: termine rappresentato prima nel mito, poi in un excursus, che dalla teologia omerica, esiodea e la teosofia orfica, approda in filosofia con la Scuola Pitagorica, con Platone e poi con Plotino; l’evoluzione dell’immortalità nel tempo viene colta attraverso il contributo della visione di alcuni scrittori dell’Ottocento e del Novecento, quali Erwin Rodhe, Milan Kundera, Riccardo Notte, Matt Haig, nonché tramite i riferimenti relativi al percorso in psicologia con Freud e Jung, e quelli sullo stesso sull’argomento in poesia e in letteratura con poeti e scrittori, quali Ugo Foscolo, Oscar Wilde e Cesare Pavese. Il sogno di Raul, relativo all’immortalità, si concretizza con una immortalità di tipo organico: risvolti fantasmagorici e quasi magici, portano l’uomo, in seguito al ritrovamento e alle modificazioni di una foglia miracolosa, “la moringa oleifera” in un’anfora nel mar Tirreno, all’analisi delle sue proprietà in laboratorio e all’ingerenza del prodotto tramite decotto. Le conseguenze, con i fili spinati della paura, limitano la serenità e i rapporti terreni di Raul. La necessità, il bisogno inconscio di chiarezza, in relazione alla sua dimensione umana, spingono il protagonista della storia a un viaggio in Grecia, quasi a ricongiungersi con le origini, là dove tutto è iniziato, formando un cerchio, senza inizio né fine, che richiama “l’Uroboro”, il simbolo dell’ “Eterno ritorno”, - cosi come afferma Nietzesche - del tempo ciclico, dell’infinito, dell’eternità. In Grecia, l’incontro con una donna, porta l’uomo a sapersi riconoscere nello specchio, a rinunciare alla propria immagine deformata e a recuperare la sua autentica dimensione umana. Il percorso catartico non è semplice, in quanto complesso è il fondo del sogno in contrasto con la realtà, con le convenzioni sociali. Le remore, le perplessità verso l’ignoto, portano iniziamente l’uomo alla chiusura in se stesso e alla fuga. Il percorso diventa uno strumento atto a migliorarsi, a saper superare il confine di un viaggio verticale verso il cielo e, ripercorrendo le strade dell’anima, non come “catabasi”, che determina il baratro profondo nell’oltretomba o nell’Ade, essere, invece, il percorso di un’ “anabasi”, d’un rinascere acquisendo consapevolezza, il rispetto di quanto ci viene affidato dalla memoria. Il protagonista si interroga e con nude parole si chiede il senso della sua esistenza, di che cosa fare, del perché sia su questa Terra. “Se siamo qui, è destino”! - risponde una donna che prova amore per lui. La mente di Raul osserva, analizza: la parola diventa preghiera pronunciata a labbra strette e diventa canto, svelamento, dignitosa consapevolezza di una emozione, che pura e sincera, sente nell’animo, difficile da scoprire in un tempo moralmente corrotto in cui viviamo. L’essere umano può riscoprire la sua autenticità e pervenire al disvelamento dell’ “Essere” solo rapportandosi al nulla, solo con il confronto con il nulla e l’angoscia. Dalla angoscia, dalla crisi - dice la donna in un dialogo con Raul – solo da qui l’essere scaturisce la sua forza creativa, da qui la sua rinascita, la sua trepidazione che chiede di essere ascoltata e diventa voce che determina uno sconvolgimento interiore. Tramite la riflessione sull’esistenza, non priva di conflittualità, il protagonista si rapporta con la consapevolezza di voler esistere senza la chiusura della dimensione spazio-tempo, riflessione che mira a riappropriarsi della vita e ad affrancarsi dall’illusorietà a cui costringe il flusso inarrestabile del divenire: il limite è nella vita dell’essere umano, il mondo esiste fino a che l’essere è in vita e l’essere lo percepisce. Vi è, infine, l’illusione di una via d’uscita: l’invocazione dell’amore e degli affetti come elementi di disvelamento dell’esistenza, elementi necessari apposti dalla ragione per raccordare l’esistenza al suo significato più vero. Angoscia e amore sono le due manifestazioni presenti nell’essere e appartengono alla sua dimensione umana. La storia si chiude secondo la tecnica della composizione anulare, e sia l’incipit che la conclusione concordano sul tema contrastativo luce/ombra, vita/morte, gioia/sofferenza. La ricchezza dei temi, che ha caratterizzato il lungo travaglio compositivo, ha richiesto varietà di toni e di linguaggio, tale da caratterizzare diversamente gli argomenti, i personaggi e la loro funzione.

Lidia Loguercio

 


 

 

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