Gli Artisti
Bluer, Milena Buzzoni, Alex Cattoi, Ignazio Fresu, Gianfranco Gentile, LaChigi, Lorenzini Roberto, Raffaella Rosa Lorenzo, Gustavo Maestre, Gabriella Maldifassi, Gerasimos Mavris, Memo_art, Mary Molinari, Muki, Giulio Orioli, Flavio Pellegrini, Vè
Il Concept
ASYLUM è una riflessione.
Un modo per attrarre coscienze che in questo periodo dell’anno sembrano smarrire il senso delle cose in favore di un comportamento di gregge che nulla ha che fare con il reale senso del momento.
Ciò che il Natale rappresenta è ormai solo una accozzaglia dal gusto dubbio di oggetti ed emozioni a basso costo.
Meno possiamo esprimere i veri sentimenti che dominano cuori e stomaci, meno quest’altro Natale potrà essere impegnativo. E se tutto va bene, passerà in fretta.
Che senso ha tutto questo?
Come siamo arrivati a pupazzi e calzini colorati?
Come abbiamo assorbito tanto disturbo visivo e auditivo?
Come siamo riusciti a credere che sia anche tutto molto bello?
Il Natale non è affatto questo.
Che si sia credenti o meno, che si creda in qualsiasi dio o non vi si creda affatto, non sarà mai comunque nulla di tutto ciò.
Ciò che il Natale rappresenta è ben altro: si tratta di una rinascita, di un cambiamento interiore profondo, di aprire il cuore e lo stomaco non alle pietanze imbandite sulla tavola di famiglia ma all’accoglienza di chiunque.
Una riflessione, ove si desideri, scaturisce indubbiamente meglio in questo periodo dell’anno; proprio in mezzo a tutto il frastuono sensoriale dal quale veniamo bombardati possiamo trovare un momento di pausa e di interiorizzazione di concetti diversi da ciò che ci vuole massificare.
La consapevolezza del limite in comunità di destino sempre più prossime alla povertà impone la necessità di uno sforzo ulteriore.
Una trasformazione possibile per quanti hanno voglia di cambiare il proprio punto di vista.
Nella irrazionalità di un sistema improntato a “sporcare” talenti ed energie cerchiamo il bandolo di una matassa capace di tessere il bene.
In questo evento possiamo fare sì che l’arte esporti ciò che meglio può fare, come mezzo per riciclare cattivi pensieri, infausti presagi, un mezzo per riciclare paure, ossessioni, per fare di un incubo il sogno di un’accoglienza possibile, di un limite una chance senza confini né tempo.
E allora possiamo sfatare il mito della natività come fonte di gioia e sorpresa.
Possiamo guardare alla natività come cambiamento di status.
Porsi dalla parte dei fragili, dalla parte di chi non ha i mezzi per accogliere, di chi non ha la testa per sostenere il miracolo e la sfida della vita.
Essere inattesi e indesiderati significa non trovare una sintassi capace di dare un senso alla luce.
Dare uno spazio alla nota stonata che chiede l’accordo. Aiutare chi non ha la forza di andare contro – corrente.
Creare grembi materni che parlino la stessa lingua. Decodificare e riscrivere i codici della prossimità dell’accoglienza.
Riscrivere la distanza e il concetto di famiglia. Adottare un progetto per promuovere anche a distanza tutte le vite possibili.
Esiste un luogo dell’accoglienza di sé e un nonluogo dell’accoglienza di tutti gli altri, belli e brutti, sani e malati, giovani e vecchi.
Uno specchio per evocare simbolicamente i passaggi da una sponda all’altra dell’accoglienza di noi, a suggerire l’importanza del ricordo e al tempo stesso quella dell’oblio.
Ricordare a sé stessi di rinascere e accogliersi, in contrapposizione alla dimenticanza del giorno in cui si è nati.
Dimenticare l’atto dell’accogliere per ripeterlo all’infinito, esaltando la gratuità di un gesto che dovrebbe essere fisiologico e ovvio al punto tale da non fare scalpore.
Cambiare il punto di vista della natività guardando il tutto, nel bene e nel male, dalla latitudine inversa della gratitudine; ovunque sia il cielo trovare il modo per accedervi.
Non esiste un debito d’accoglienza ma un credito d’accoglienza, inesigibile fino a quando non si sarà appresa la regola del “satis abundeque”, raggiunto il limite del “quanto basta” ad essere in pace con se stessi.
La sfida di questa natività è l’accettazione del limite che non c’è.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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