Una mostra al MANN, aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2025,
racconta il processo di documentazione degli scavi
Come si svolgevano gli scavi a Pompei nel primo secolo dopo la scoperta? Perché le pitture erano asportate? A quando risale l'idea di lasciare gli affreschi in situ? E quali erano i rischi? La mostra "Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850", aperta al pubblico nella Sala del Plastico di Pompei al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 31 gennaio 2025, prova a rispondere a queste domande, soffermandosi sul processo di documentazione delle scoperte archeologiche nelle città vesuviane. Questa ampia attività è cristallizzata nelle numerose pubblicazioni ufficiali commissionate da diversi regnanti di Napoli, da Carlo di Borbone a Ferdinando II, passando per Gioacchino e Carolina Murat.
La mostra temporanea dialoga con l’istallazione permanente, al centro della sala, del grande plastico di Pompei realizzato tra 1861 e 1879: un messaggio per ribadire come la volontà di documentare e, dunque, raccontare il passato, si sia tradotta in diverse modalità comunicative, sperimentate dalle prime imprese settecentesche fino a metà dell’Ottocento.
Il percorso è curato da Domenico Pino (Phd, University College, Londra) con la supervisione di Andrea Milanese.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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