Napoli, venerdì 8 novembre 2024, ore 19,00
Frame Ars Artes
Corso Vittorio Emanuele, 525
V° Incontro di ArtEvangelo
tra arte e cristianesimo
Rosaria Iazzetta
Luigi Pagano
Dopo la pausa estiva ripartono gli Incontri di ArtEvangelo, una iniziativa di Salvatore Manzi e Stefano Taccone, in una nuova sede posta in un quartiere centrale di Napoli. Il progetto degli Incontri si affianca un anno fa alla rivista trimestrale di quattro pagine, nata all’inizio del 2017, intendendo coinvolgere di volta in volta artisti già comparsi sulle pagine della rivista – oppure non ancora comparsi -, ma anche storici dell’arte e studiosi di varia formazione, chiamati ad un libero confronto intorno alla questione del rapporto tra arte – specie visiva, ma non solo; specie contemporanea ma non solo – e cristianesimo.
Il percorso artistico, ma anche spirituale, di Rosaria Iazzetta matura nel tempo tra occidente europeo ed oriente estremo, Giappone in particolare, dove trascorre molti anni. Questo non significa tuttavia, che ella cerchi – e trovi - una sorta di conciliazione tra occidente ed oriente, né sul piano delle forme né su quello della fede. La dinamica è più complessa, e deve tenere conto tanto di uno specifico sociale del paese che la ospita, certo pieno di fascino, ma costretto nella rigidità di certe regole, nella assoluta coerenza tra ciò che è scritto e ciò che si fa, tanto di quello del suo paese d’origine, culla di un “sentire cattolico” che, come ci insegna, Mario Perniola, significa tante cose, a volte anche molto eccedenti il dettato biblico e questo non è solo un male. Lo sconvolgimento dello sradicamento è capace, di contro, di infondere in Iazzetta una energia terribile, oppure, detto in termini cristiani, il silenzio di Dio, che in Giappone le sembra di sperimentare anche di fronte alla mancanza di tutto un apparato del “sentire da fuori” – come direbbe ancora Perniola – tipico dei paesi cattolici, la induce a cercare il regno di Dio dentro di sé e intorno a sé (Luca 17, 21), ed a sperimentare, direi quasi allenare, la propria felicità interiore a contatto con la materia, conferendo un’anima, una personalità, all’inorganicità del ferro. È quello che fa ancora oggi: il ferro resta il suo materiale privilegiato, ma senza alcuna esitazione ad ibridarlo, attraverso forme sempre più articolate e potenti che vanno intese come altrettante iconografie dell’essere nelle sue mille sfaccettature, di un mondo in cui bene e male, vita e morte si affrontano in un prodigioso duello che, in una sorta di paradosso, possiede già un vincitore, eppure non può ancora esaurirsi. Così quelle forme rassicuranti della tradizione che il Giappone le sottrae in una mancanza da vertigine, vengono in qualche modo recuperate, portando esse il dinamismo inquieto del Barocco europeo, ma sfrondate da ogni referenzialità mimetica.
La ricerca di Luigi Pagano potrebbe raccontarsi come il portato di una complessa, inafferrabile dialettica tra materia e spirito. La materia è quella che vela e svela insieme. Le sue concrezioni risalgono fino alla tradizione dell’informale e come in tale tendenza dal magma aniconico affiorano figure-segno. Lo spirito può invece considerarsi ciò che viene manifestato, sia pure senza mai perdere l’aura del mistero. Le sue superfici sono in continua metamorfosi luministico-cromatica, quasi una lotta tra luce e tenebre, ove la prima tende sempre ad affiorare in varie forme entro un ambiente sostanzialmente pervaso dalle seconde. Se però le tenebre non sono solo e tanto figura del male e dell’ignoranza, quanto del raccoglimento, la luce, i suoi fiotti, rappresentano qualcosa che trascende tale condizione. Sono tracce di intuizione, conoscenza, esperienza; potrebbero accostarsi al momento in cui, parafrasando il Salmo 18, l’anima si rinfranca. Spesso Pagano sceglie titoli che rimandano alla Bibbia o alla tradizione cristiana di impronta specificamente cattolica, non mancando di evocare, pur senza mai essere narrativo, gli episodi o i concetti ai quali essi sono legati: così le fiammelle che costellano il polittico Pentecoste, i segni-icone che popolano il polittico Passione o ancora il fluttuante e plasticamente risaltante elemento tratteggiato da un segno di croce che si scorge in Sacro cuore. A tali opere se ne affiancano però altre i cui titoli rimandano ad un differente universo spirituale: è il caso dell’enorme sfera rosso cangiante su fondo nero di Munakata, nome della divinità lunare nell’ambito della religione scintoista.
COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA
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