giovedì 20 febbraio 2025

Yto Barrada. DEADHEAD

Fondazione Merz
presenta in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale
 
MARIO MERZ PRIZE
Yto Barrada
DEADHEAD
A cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi

 

Courtesy Fondazione Merz. Ph. Andrea Guermani.


 

Da giovedì 20 febbraio 2025 inaugura il nuovo progetto espositivo di Yto Barrada,
l’artista vincitrice della quarta edizione del premio internazionale dedicato all’arte e alla musica Mario Merz Prize.
 
20 febbraio – 18 maggio 2025
 
Fondazione Merz
Torino, via Limone 24


La Fondazione Merz a Torino presenta, da giovedì 20 febbraio a domenica 18 maggio 2025, la mostra DEADHEAD dell’artista Yto Barrada, vincitrice della quarta edizione del Mario Merz Prize. L’esposizione è a cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi ed è realizzata in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino.
 
Il progetto espositivo vede opere rappresentative del percorso artistico di Yto Barrada alternarsi a nuove produzioni realizzate per l’occasione, in un dialogo con lo spazio che si declina in film, sculture, installazioni, tessuti e collage. Filo conduttore della mostra è il richiamo costante a un ritorno all'essenziale, inteso come processo necessario per liberare nuove energie creative. Il titolo stesso dell’esposizione, DEADHEAD, si ispira alla pratica agricola di eliminare foglie e fiori appassiti in un gesto che favorisce la crescita e genera rinnovati impulsi di rinascita.
 
Spiega Davide Quadrio, curatore della mostra: “DEADHEAD è un inno all’essenziale, un’esplorazione poetica e graffiante che rivela la capacità unica di Yto Barrada di muoversi – e vivere – tra causalità e partecipazione, radicalità formale e intensità narrativa. Le opere selezionate diventano una sorta di sceneggiatura filmica, in cui il pensiero dell’artista e le sue creazioni si comportano come lettere di un alfabeto in metamorfosi, dando vita a nuovi linguaggi”.
 
Tra echi, rimandi e sperimentazioni visive presenti in mostra, Yto Barrada trae ispirazione dalla teoria del colore dell’artista, collezionista e filantropa Emily Noyes Vanderpoel (1842 – 1939), descritta nel libro Color Problems: A Practical Manual for the Lay Student of Color (New York, 1902). Il volume, pensato per un pubblico di donne, specialmente sarte, fioriste e decoratrici, mostrava le rivoluzionarie tavole di analisi del colore dell’autrice, dove le immagini degli oggetti sono trasformate e tradotte in griglie geometriche. Attraverso una disposizione sistematica del colore, definita “la musica della luce”, Vanderpoel ha creato dei campi relazionali in cui ogni tinta, sfumatura e ombra sono in perfetta relazione con tutte le altre.
 
DEADHEAD costruisce un itinerario fortemente caratterizzato dall’elemento del colore, che negli spazi della Fondazione Merz si trasforma in materia, testimonianza storica, strumento politico e mezzo di comunicazione.

 Il percorso espositivo rende evidente l’importanza del colore fin dalla prima sala, dove grandi quadrati colorati rivestono le pareti e fungono da sfondo ai lavori tessili di Yto Barrada. Tra questi figurano i tre After Stella, opere realizzate a mano e con pigmenti naturali che reinterpretano i campi di colore che l’artista americano Frank Stella dipinge negli anni ‘60 nel corso di un lungo viaggio in Marocco. Parallelamente l’opera Hourglass, composta da seta tinta naturalmente, connette il colore alla propria origine botanica e punta i riflettori sui processi lenti e tradizionali, in contrasto con i paradigmi produttivi occidentali.
 
Al centro della sala spiccano due installazioni in dialogo con lo spazio. Tangier Island si compone di un muro composto da trappole per granchi che pone in relazione due luoghi omonimi, Tangeri in Marocco e Tangier Island in America, accostando l’isolamento forzato del primo ai disastri ecologici e geopolitici che affliggono il secondo. Accanto, Lit-Ras-D’eau rappresenta una zattera che allude alla precarietà e alla casualità della migrazione, riflettendo sull’esperienza umana di chi attraversa confini alla ricerca di una nuova vita. Completa la sezione il film Continental Drift, montaggio di diari e filmati realizzati in oltre otto anni tra Antartide, America e Marocco che intreccia storie intime e collettive.
 
Nella seconda sala l’atmosfera si trasforma e si apre all’accoglienza di opere caratterizzate da una dimensione più intima. Tra queste figurano i Flower Collage, realizzati assieme alla figlia durante il lockdown che trasformano materiali di uso quotidiani, come i cartoni dei cereali, in fiori immaginari. L’aspetto personale ritorna con The Fabric Book, che raccoglie i progetti tessili dell’artista, e Never give a flower name to a winter child, poster dedicato alla figlia e dedicato al tema dell’adolescenza, mentre in Mnemonic phrase l’artista menziona le frasi ripetute che i bambini sono soliti apprendere a scuola.
L’aspetto ludico emerge in lavori come Pink Tower (sensorial education toy), che combina materiali educativi con un approccio artistico per invitare a riflettere sull’importanza del gioco libero nell’apprendimento. Analogamente, Practice Piece (Sewing Exercise) presenta una serie di fotografie che documentano esercizi di cucito realizzati da giovani donne a Tangeri, unendo praticità e creatività.
Tra le opere più evocative, After the Parade trasforma una scatola di cartone abbandonata dopo una manifestazione per il clima in un un costume da bambino a forma di onda, coniugando ideologia, gioco e critica sociale. Con Ways to Baffle the Wind, una installazione di cotone e fili, Barrada segue le istruzioni di una rivista di architettura fai-da-te per determinare la direzione del vento senza l’ausilio di un meteorologo.
Nel film A day is not a day Barrada indaga la produzione industriale del degrado, dove il deterioramento causato dalla luce solare e lo sbiadimento del colore sono accelerati per testare la longevità del prodotto. Il film cattura forme astratte e screpolature che svelano il lento degradarsi dei materiali sintetici e della natura.
 
La mostra si conclude con la serie Color Analysis, ispirata alle teorie cromatiche dell’artista, collezionista e filantropa Emily Noyes Vanderpoel (1842 – 1939). Presentata in anteprima al MAO Museo d’Arte Orientale all’interno della mostra Trad u/i zioni d’Eurasia (2023-24), la serie si compone di griglie di velluto colorato basate sulle immagini della collezione di antichità di Vanderpoel e sulla collezione di arte islamica del MAO. I pigmenti utilizzati sono realizzati nel giardino dell’artista a Tangeri, The Mothership, un centro di studi eco-femminista sul colore. In occasione di DEADHEAD, Yto Barrada replica il processo affinato nella serie su un’opera scelta di Marisa Merz e realizza l’opera New color problem, proseguendo il proprio percorso di analisi di colori, oggetti artistici e forme astratte viste attraverso una prospettiva femminile.

 Completa il progetto espositivo il catalogo edito da hopefulmonster per Fondazione Merz.
 
Tra colori, tessuti, forme, ricordi intimi e memorie collettive in cui la dimensione tattile si unisce a quella visiva, DEADHEAD si inserisce nel percorso di ricerca e sperimentazione promosso dal Mario Merz Prize, di cui Yto Barrada è la quarta vincitrice della sezione artistica.
Il riconoscimento nasce come premio internazionale biennale, ideato con l'obiettivo di celebrare Mario Merz e individuare talenti nell'ambito artistico e musicale attraverso la commissione di un progetto espositivo e un progetto musicale inedito all’artista selezionato per ciascuna delle due categorie di concorso. La stessa edizione che ha premiato Yto Barrada ha visto l’assegnazione del premio per la musica a Füsun Köksal.
 
Il percorso del Mario Merz Prize prosegue con la quinta edizione, che per la sezione arte ha visto la selezione di cinque finalisti: Elena Bellantoni (Italia), Mohamed Bourouissa (Francia/Algeria), Anna Franceschini (Italia), Voluspa Jarpa (Cile) e Agnes Questionmark (Italia). I finalisti, individuati da una giuria composta da Samuel Gross (Special Project Manager Musée d’Art et d’Histoire, Genéve), Claudia Gioia (curatrice indipendente) e Beatrice Merz (Presidente Fondazione Merz), saranno protagonisti di una mostra collettiva in programma negli spazi della Fondazione Merz a giugno 2025.

 

COME DA COMUNICAZIONE RICEVUTA

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